mercoledì 20 luglio 2011

Toyota Yaris


Yaris terza. Suona come il nome di un’imperatrice orientale, ed il suo regno sarebbe quello delle citycar dove per anni è riuscita ad essere protagonista della top 10 delle auto più vendute nel segmento. Oggi Toyota è pronta al suo rilancio, con un modello tutto nuovo, ripensato nello stile, migliorato nei contenuti e nella meccanica. Il pubblico potrà vederla in anteprima al Salone di Francoforte (15-25 settembre), dove la 3 e la 5 porte debutteranno in contemporanea, poco prima dell’arrivo nelle concessionarie previsto in autunno. Noi però la nuova Toyota Yaris siamo già andati a scoprirla nella sua città natale a Valencienne, nello stabilimento Toyota più grande d’Europa e siamo in grado di anticiparvi tutti i dettagli, eccezion fatta per i prezzi, che saranno ufficializzati solo dopo le vacanze. Ma in Toyota si vocifera che si manterranno sui livelli attuali, nonostante i nuovi contenuti della vettura.


La rivoluzione del “piccolo genio” parte dal design, completamente ripensato rispetto alle precedenti generazioni. Si era intuito da quando hanno iniziato a circolare le prime foto ufficiali, non autorizzate. E a vederla dal vivo la nuova Yaris appare molto diversa, innanzitutto perché le due varianti di carrozzeria, 3 porte e 5 porte, hanno un’anima specifica: la prima è evidentemente più sportiva e mascolina. La seconda non rinuncia alla praticità delle porte posteriori per chi sale dietro. Il comune denominatore sono le dimensioni, che propongono una lunghezza superiore di 100 mm rispetto al modello uscente. La nuova Toyota Yaris è infatti lunga 3.885 mm, è larga 1.695 mm come il modello precedente ed è più bassa di 20 mm arrivando a quota 1.510 mm. Questo abbassamento del baricentro, che punta a migliorare la tenuta di strada, è abbinato ad un allungamento del passo di 50 mm, per ottimizzare l’abitabilità interna. Le linee della carrozzeria sono in ogni caso più tese rispetto al modello attuale, un po’ per richiamare il nuovo linguaggio stilistico Toyota, un po' per ampliare ulteriormente il bacino dei potenziali clienti fra pubblico maschile e giovani.


La novità di design più evidente della Toyota Yaris è rappresentata dalla doppia griglia anteriore, con quella inferiore di maggiori dimensioni. Seguendo gli ultimi stilemi impostati su altri modelli come Verso-S e Prius+, la calandra è sottile, ondulata e allungata fino a collegarsi agli stretti fari a linea orizzontale. La parte laterale è quella che ha subito meno modifiche di stile, proponendo la linea di cintura inclinata che caratterizza da sempre la Yaris. Una maggiore inclinazione del parabrezza favorisce l’ottenimento di un Cx di 0,287, mentre una serie di dettagli aerodinamici sono studiati per ottimizzare i consumi. Al posteriore spicca il portellone incassato nei paraurti e sagomato in modo da formare un’unica linea curva, che finisce nei gruppi ottici. Il portatarga è spostato dal paraurti al portellone. Nuovo è anche il design dei cerchi in lega da 15 e 16 pollici, con gli 8 colori di carrozzeria che presentano 5 inedite tonalità come il Gin Buck e il Turquoise.


Nella nuova Yaris le rotondità giapponesi si ritrovano però a bordo. L’abitacolo è segnato da linee morbide, ricurve e orizzontali, che caratterizzano ad esempio la plancia di nuova Toyota Yaris, con un cruscotto che prende il colore del rivestimento sedili e dell’interno portiere. Gli strumenti sono per la prima volta raccolti in posizione “classica”, dietro al volante, il cui piantone è stato abbassato orizzontalmente di 3 gradi. L’obiettivo perseguito da Toyota è quello di ampliare lo spazio a disposizione e migliorare l’ergonomia, la posizione di guida, la strumentazione e la volumetria del bagagliaio. Per fare questo è stata aumentata di 15 mm la regolazione in altezza del sedile, che ora raggiunge un massimo di 60 mm. Anche i cuscini dei sedili hanno una maggiore lunghezza e sezioni laterali più alte per migliorare la tenuta. Una nota importante viene dai posti dietro, dove lo spazio per le ginocchia è cresciuto di 35 mm. Il vano di carico posteriore su due livelli ha una volumetria di 286 litri, valore che sale a 768 litri ribaltando i sedili in configurazione 60:40.


La gamma motori della nuova Toyota Yaris conferma quanto proposto dalla serie precedente, con aggiustamenti di dettaglio che vanno a migliorare consumi ed emissioni. I tre propulsori disponibili sono il 1.0, il 1.33 VVT-i e il turbodiesel 1.4 D-4D. La tecnologia Toyota Optimal Drive è estesa a tutti i motori, con il 998 cc a 3 cilindri che sviluppa 69 CV, 93 Nm e consuma mediamente 4,8 l/100 km, emettendo 110 g/km di CO2 (-7%). Il 1.33 Dual VVT-i da 99 CV e 125 Nm, con una curva di coppia appiattita e, in abbinamento a cambio automatico Multidrive S con dispositivo Stop&Start, consuma 5,0 l/100 km, con emissioni di CO2 pari a 114 g/km. La nuova trasmissione a variazione continua deriva da quella utilizzata sulla Verso-S e può essere utilizzata in modalità manuale sequenziale a 7 rapporti sia con la classica leva che con le palette al volante. L’unica unità a gasolio della nuova Toyota Yaris è il 1.4 D-4D (con filtro ­anti-particolato di serie) da 90 CV e 205 Nm, abbinato al cambio manuale a 6 rapporti. Con questo motore la nuova Toyota Yaris ha consumi combinati di 3,9 l/100 km (-7%) ed emissioni di CO2 pari a 104 g/km (-6%). Sulla Toyota Yaris 1.4 D-4D è disponibile anche il cambio robotizzato Multimode utilizzabile sia in modalità automatica che manuale-sequenziale.


Non si può ancora parlare, invece, della Yaris ibrida, che era tra l’altro stata anticipata in veste di prototipo all’ultimo Salone di Ginevra. E’ certo che la versione “HSD” – così dovrebbe chiamarsi – arriverà, ma la commercializzazione non inizierà prima della seconda metà del 2012.
La gamma della nuova Toyota Yaris si articola su quattro allestimenti: base, Active, Lounge e Style. La versione su cui più punta il costruttore nipponico è la Active, che propone di serie 7 airbag, poggiatesta anteriori attivi, sedile di guida regolabile in altezza, climatizzatore manuale, volante e leva cambio in pelle, interfaccia audio multimediale con display da 6,1 pollici (connettività Bluetooth e USB/Aux) e la telecamera posteriore per l’assistenza al parcheggio. L’allestimento Lounge punta più sull’eleganza delle finiture, con cerchi in lega da 15”, climatizzatore automatico bizona, vetri elettrici posteriori e un tessuto esclusivo per i sedili. La versione top è la Yaris Style, che in più offre un assetto più rigido, cerchi da 16” bruniti, spoiler posteriore e rivestimenti interni specifici con cuciture arancio per volante e freno a mano. Fra gli accessori più importanti (di serie a partire dalla versione Active) ci sono i sistemi multimediali di connettività Toyota Touch con schermo da 6,1” full colour e informazioni di viaggio e, per 500 euro in più, il sistema Toyota Touch & Go con navigatore. Con il pacchetto Comfort è possibile poi avere gli interni in pelle/tessuto, il tetto panoramico (per la prima volta su Yaris) e i vetri posteriori oscurati, mentre il pacchetto Tech propone tergicristalli e fari automatici, retrovisore elettrocromatico, sistema Smart Entry e Push start, oltre al doppio amplificatore da 280 watt con 8 altoparlanti.

lunedì 18 luglio 2011

Audi A5

A5 Coupè

A quattro anni dalla nascita della prima Audi A5 Coupé è arrivato il momento di un restyling generale per tutta la gamma A5, Sportback e Cabriolet comprese. L’opera di aggiornamento ha coinvolto in particolare i motori, i sistemi di infotainment e solo in parte l’estetica delle medie di Ingolstadt. Esternamente la principale modifica riguarda i gruppi ottici anteriori e posteriori, dotati di luci LED continue e fari xenon plus. Nell’abitacolo ci sono invece nuovi materiali e colori, mentre sotto il cofano fa il suo debutto una versione particolarmente efficiente del 1.8 TFSI che esprime 170 CV e fa scendere i consumi della A5 Coupé a 5,7 l/100 km (-24%).

A5 Cabriolet

Il frontale della rinnovata Audi A5 propone lievi modifiche alla calandra, ancora più tridimensionale nelle forme, diverse prese d’aria e fendinebbia, cofano motore ulteriormente “scolpito” e i gruppi ottici che abbinano ai fari xenon plus opzionali una nuova linea continua di luci diurne LED. La nuova forma dei paraurti accresce di 1 mm la lunghezza complessiva, che nel caso della A5 Sportback è di 4.710 mm e per le A5 Coupé e Cabriolet è pari a 4.630 mm. A richiesta le luci LED a striscia continua sono disponibili anche in coda, mentre la capote in tela della A5 Cabriolet è disponibile in 4 diversi colori. I passaruota anteriori sono realizzati in alluminio e il fondo delle vetture è carenato.

A5 Sportback

Per guidatore e passeggeri ci sono varie novità: il volante di nuova forma (anche con appiattimento inferiore) fa il paio con i nuovi comandi unici per riscaldamento e ventilazione dei sedili, la strumentazione illuminata di bianco e una diversa leva del cambio automatico. I rivestimenti dei sedili per la A5 Sportback abbandonano la pelle Valcona in favore della pelle Nappa, con gli inserti sulla plancia disponibili in alluminio Trigon, in radica di noce o frassino. Il pacchetto sportivo S line è invece improntato sulla tonalità nera per gli interni, con in più l’assetto ribassato di 10 mm e i cerchi da 18”.


Tutti i propulsori della nuova gamma A5 adottano compressore e iniezione diretta, oltre allo start-stop e al recupero dell’energia in frenata. I 3 motori a benzina e i 4 motori a gasolio consentono poi una riduzione delle emissioni di CO2 che arriva anche al 22%. La novità più importante fra le versioni a benzina arriva dalla evoluzione del 1.8 TFSI, il quattro cilindri che grazie ad un nuovo controllo dell’alzata valvole, dell’iniezione, del turbocompressore e dell’impianto di scarico permette alla Audi A5 Coupé di consumare mediamente 5,7 l/100 km e di emettere 134 g/km di CO2. 


Nessuna modifica invece per la 2.0 TFSI, che resta a 211 CV, mentre inedito sulla A5 è il 3.0 TFSI, un V6 con compressore volumetrico che esprime 272 CV. Il fronte dei diesel si apre con il 2.0 TDI da 177 CV che sulla A5 Coupé ha un consumo medio di 4,7 l/100 km, equivalente a 122 g/km di CO2. 

S5 Sportback

Salendo di livello si incontra poi il 3.0 TDI da 204 CV, che abbinato al cambio multitronic consente alla Coupé di consumare 4,9 l/100 km (129 g/km di CO2). Lo stesso 3.0 TDI è disponibile poi in versione da 245 CV, mentre in seguito arriverà una A5 "clean diesel" che risponde agli standard Euro 6.
Piccoli aggiornamenti sono previsti anche per le sportive S5 Sportback, Coupé e Cabriolet. Tutti i modelli, Coupé inclusa, sono ora dotati del motore 3.0 TFSI da 333 CV al posto del precedente 4.2 V8. Grazie alla nuova unità sovralimentata la S5 Coupé consuma il 20% in meno di prima (8,1 l/100 km) e accelera da 0 a 100 km/h in 4,9 secondi arrivando ai 250 km/h limitati. Anche su S5 Sportback, S5 Coupé ed S5 Cabriolet sono previste le già citate modifiche al frontale, ai fari e agli interni, oltre all’aggiunta del differenziale centrale e del servosterzo elettromeccanico.

S5 Sportback

Le rinnovate Audi A5 a trazione anteriore montano il cambio manuale 6 marce o il multitronic (CVT), mentre i modelli quattro a trazione integrale possono avere a scelta il manuale o il doppia frizione 7 marce S tronic. Il torque vectoring permette di dosare la coppia motrice sulle quattro ruote e il differenziale sportivo (opzionale sulle A5 quattro) provvede a gestire la coppia al retrotreno. Le ruote partono da una misura minima di 17 pollici, con pneumatici 225/50 e possono arrivare ai 20 pollici calzati da pneumatici 265/30. il sistema Audi drive select permette al guidatore di scegliere fra le modalità di guida “comfort,” “auto,” “dynamic” o “efficiency”.

S5 Cabriolet

I sistemi di assistenza alla guida sono stati aggiornati e includono l’allerta di stanchezza al volante, l’ Audi active lane assist che mantiene la corsia con lievi interventi sullo sterzo e il cruise control adattivo con frenata automatica d’emergenza. La radio CD con 8 altoparlanti, di serie su tutte le A5, può essere integrata con l’MMI navigation plus che include hard disk, display da 7”, grafica 3D, lettore DVD e un numero di pulsanti ridotto da 8 a 4. Nuova è anche la connessione Bluetooth che consente di ricevere servizi come la ricerca di punti di interesse Google, navigazione Google Earth e punto d’accesso internet WLAN.

S5 Coupè

I tempi e i prezzi della commercializzazione italiana di Audi A5 non sono ancora fissati, ma già fra la fine di luglio e l'inizio del prossimo mese di agosto sarà reso noto il listino dell'intera gamma. Dopo questo annuncio ufficiale sarà possibile fare i primi ordini ad un prezzo che dovrebbe essere di poco superiore a quello della gamma precedente, almeno stando alla A5 Coupé 2.0 TFSI che in Germania viene venduta a soli 200 euro più di prima.

A5 Coupè

sabato 16 luglio 2011

Kia Cee'd


Con il model year 2012 la gamma della media Kia cee'd si aggiorna a livello tecnico e di dotazioni introducendo una nuova motorizzazione Diesel Euro 5 e un nuovo livello di allestimento che si va ad aggiungere alle precedenti versioni LX e top di gamma EX, che mantengono come equipaggiamenti esclusivi gli alzacristalli elettrici posteriori, i vetri oscurati, i sensori di parcheggio, la connessione Bluetooth a bordo e il climatizzatore a controllo automatico Dual Zone.


L'innovazione più significativa della gamma della Kia cee'd Model Year 2012 è l'aggiunta del terzo livello di equipaggiamento "Platinum" che rispetto alla versione base cee'd LX offre cerchi in lega da 16", rivestimenti parzialmente in pelle del volante e del pomello cambio, proiettori supplementari fendinebbia e retrovisori esterni riscaldati e regolabili elettricamente in tinta carrozzeria. Il prezzo della versione Platinum è stato fissato in 500 euro in più rispetto alla versione base LX. Per la 5 porte Platinum il listino parte dunque da 15.900 euro (con motorizzazione 1.4 benzina), mentre per la versione familiare Sporty Wagon il prezzo di partenza è di 16.500 euro. 


Con il model year 2012 Kia cee'd 5 porte e Sporty Wagon, accanto al motore 1.400 a benzina, debutta la nuova generazione del motore turbodiesel CTDi VGT che risponde alle più stringenti specifiche Euro 5, con un'ulteriore riduzione delle emissioni e dei consumi. Il 4 cilindri 1.600 con sovralimentazione a turbina a geometria variabile dispone di un sistema di regolazione dell'alimentazione ancora più sofisticata e adotta il filtro antiparticolato di serie. Nella nuova configurazione la versione con potenza di 90 CV, il consumo combinato è pari a 4,2 litri/100 km (modello a 5 porte) contro i precedenti 4,3 litri/100 km, mentre le emissioni di CO2 passano da 115 a 110 gr/km. Anche la versione da 115 CV migliora le sue performance riducendo le emissioni CO2 da 118 a 115 gr/km. 

martedì 5 luglio 2011

Opel Astra EcoFlex 1.7 CDTI 130CV

 
In autunno arriva un’altra Opel Astra EcoFlex, ancora più potente, ma capace di offrire consumi ed emissioni ancora più bassi con 3,7 litri/100 km pari a 99 g/km di CO2. Valori pari dunque a quelli delle concorrenti più blasonate (vd. Golf), ma ottenuti con un’unità nettamente più prestante quale l’immortale 1,7 litri Diesel da 130 CV e 300 Nm di coppia, nato diversi anni fa da un progetto Isuzu e via via aggiornato, nell’ultima fase dal centro GM Powetrain di Torino, centro di eccellenza mondiale nel campo dei motori a gasolio per tutto il gruppo di Detroit.
Per ottenere l'Astra più efficiente di sempre sono state utilizzate tecnologie ancora più avanzate di quelle già adottate sulle altre EcoFlex. L'1,7 litri ha un impianto di alimentazione common rail a 1.800 bar e 8 iniezioni per ciclo, rivisto per migliorare il processo di combustione controllato da sensori di battito integrati nelle candelette a basso voltaggio, per ridurre i carichi sulla batteria in fase di accensione.


Inoltre il turbocompressore a geometria variabile è nuovo e garantisce un miglior controllo della pressione di sovralimentazione grazie a un sensore aggiuntivo. Modificati anche i pistoni, per ridurre l’attrito, con bielle e spinotti dotati di un particolare processo di indurimento superficiale e nuove fasce elastiche. Anche l’impianto di aspirazione è stato aggiornato con l’aggiunta di una valvola che modifica la geometria del condotto. Più sofisticate anche la lubrificazione e il raffreddamento grazie a una valvola di non ritorno che mantiene più costante la pressione dell’olio all’interno dell’impianto e la pompa dell’acqua a commutazione. In questo modo il motore raggiunge prima la temperatura ideale di esercizio. Anche l’impianto EGR per il ricircolo e il raffreddamento del gas di scarico dà il suo contributo alla riduzione dei NOx insieme a una più attenta messa a punto del precatalizzatore e del catalizzatore principale, posizionati entrambi più vicini al motore.


Naturalmente presenti il sistema stop&start e l’alternatore che si attiva solo in fase di rilascio consentendo di recuperare l’energia cinetica, accanto a una gestione intelligente della ricarica della batteria che è del tipo AGM e non raggiunge mai picchi troppo alti o troppo bassi mantenendosi entro una fascia ben definita. Ma non è finita qui visto che il cambio a 6 rapporti ha rapporti specifici e contiene un olio a bassa viscosità, gli pneumatici sono a bassa resistenza di rotolamento ContiEcoContact 5 con misure 215/60 R 16 o 225/50 R 17. Per ridurre la resistenza aerodinamica, l’assetto è più basso di 12 mm e la presa d’aria del motore è fornita di alette mobili. Per risparmiare anche le gocce, le luci diurne sono a LED. Alla fine, il guadagno rispetto alla versione dotata di motore analogo da 125 CV è di 0,8 litri/100 km e di 20 g/km di CO2 (pari a quasi il 17%) con una migliore erogazione della coppia che passa da 280 a 2.300 giri/min a 300 Nm tra 2.000 e 2.500 giri/min. Anche le prestazioni dovrebbero essere di conseguenza migliori dello 0-100 km/h in 11,5 secondi e dei 195 km/h di velocità massima.


La nuova Astra EcoFlex 1.7 CDTI affianca e non sostituisce quella 1.3 CDTI da 95 CV con cambio a 5 rapporti ed emissioni di CO2 di 104 g/km, completando la gamma dei prodotti ad alta efficienza formata dalla Corsa 1.3 CDTI EcoFlex (95 CV, 3,5 litri/100 km e 94 g/km di CO2) e dalla Insignia 2.0 CDTI EcoFlex (160 CV, 4,9 litri/100 km e 129 g/km di CO2). Arriverà in autunno a un prezzo che, se dovesse essere confermato il differenziale applicato per le altre versioni EcoFlex, sarà intorno ai 24mila euro. E non è finita qui visto che Opel fa sapere che lancerà altre tre EcoFlex entro l’anno.

giovedì 30 giugno 2011

Lotus Evora IPS


Arriva sul mercato italiano la versione IPS (Intelligent Precision Shift) con cambio automatico a gestione elettronica della coupè Lotus Evora. Prezzi al pubblico a partire da 65.000 Euro.
Sono iniziate in Italia le consegne delle nuova Lotus Evora IPS (Intelligent Precision Shift) con cambio automatico a 6 rapporti esposta in anteprima mondiale allo scorso  Salone dell’Automobile di Parigi. Equipaggiata con il già noto motore 3.500-V6 da 280 CV, la nuova versione permette al guidatore di cambiare le marce in modo manuale oppure automatico, così come di selezionare una speciale modalità di guida sportiva che gli consente di sperimentare appieno la guida sportiva di una Lotus, gestendo ogni rapporto ed avendo il controllo completo della trasmissione.


«Evora IPS è pensata per allargare il mercato potenziale di Evora e per raggiungere un pubblico leggermente diverso dai clienti tradizionali della nostra marca. Pensiamo, in particolare, a mercati come Asia, Medio Oriente e Stati Uniti dove le automobili con cambio automatico sono molto diffuse» ha detto Dany Bahar, direttore esecutivo di Group Lotus. «E’ passato molto tempo da quando Lotus ha presentato un modello con cambio automatico ed abbiamo dedicato al suo sviluppo in modo che si adattasse perfettamente all’esperienza di guida di una Evora».


Ultima espressione di una grande tradizione sportiva e di 60 anni di esperienza nel campo delle automobili granturismo e da competizione, Lotus Evora è una coupé molto differente da quelle che si possono vedere in circolazione. Progettata in modo innovativo per fornire le doti di guidabilità e maneggevolezza, che fanno parte del DNA Lotus e per garantire un’esperienza di guida esaltante e coinvolgente, anche Evors IPS, come la versione con cambio manuale, è disponibile in allestimento a 2 ed a 2+2 posti.


Costruita attorno ad un telaio scatolato in alluminio, seguendo tecniche che sono valse alla Casa inglese il successo in 79 gran premi (con 6 titoli mondiali di Formula 1) ed alla 500 Miglia di Indianapolis, la nuova Lotus Evora IPS è equipaggiata con un motore bialbero Toyota 3.500-V6 a 24 valvole da 280 CV con distribuzione variabile Dual VVT-i che le garantisce una velocità massima di 250 km/h e di raggiungere 100 km/h con partenza da fermo in 4.9 secondi. Il consumo di benzina è di 8,8 litri ogni 100 chilometri (ciclo misto) e le emissioni di CO2 di 208 g/km.

martedì 28 giugno 2011

BMW M3 CRT


Quale migliore scenario del Nordschleife, l’anello di 21 km che forma il leggendario circuito tedesco, per organizzare una festa. Ancora meglio se parliamo del BMW M Fest, evento organizzato dalla Casa dell’Elica in concomitanza con la gara di endurance della 24 Ore del Nurburgring - cui il Gruppo partecipa anche con la MINI John Cooper Works Coupé - e se l’ospite d’onore è la BMW M3 CRT. Parliamo di una serie speciale, prodotta in soli 67 esemplari, della M3 berlina, realizzata utilizzando il motore della coupé M3 GTS e enfatizzando la riduzione di peso grazie all’adozione dei materiali ultraleggeri.


Il nome riassume le caratteristiche tecniche della vettura: CRT sta infatti per Carbon Racing Technology e in fibra di carbonio sono infatti realizzati i principali componenti della carrozzeria e dell’abitacolo. Il cofano motore, il tetto e lo spoiler posteriore in composito alleggeriscono le masse del corpo vettura, condividendo il materiale con i sedili a guscio anteriori (il divanetto è poi sostituito da due elementi separati). I quattro terminali di scarico sono in titanio, mentre l’alluminio è riservato ai cerchi in lega da 19 pollici (con pneumatici 245/35 anteriori e 265/30 posteriori), già utilizzati dalla M3 GTS. Il verdetto finale della bilancia parla di 1.580 kg, per un risparmio di peso di 45 kg rispetto alla berlina 4 porte attualmente in listino.


La parentela della M3 CRT con la coupé “pronto-gara” GTS si trovano inoltre sotto il cofano, dove risiede il V8 potenziato di 30 CV rispetto alla versione di serie, per produrre 450 CV di potenza e 440 Nm di coppia (contro gli originari 400). La trasmissione dual-clutch a 7 rapporti si occupa infine di trasmettere sull’asfalto le credenziali motoristiche della sportiva di Monaco: per accelerare da 0-100 km/h le bastano 4,4 secondi e la velocità massima che si legge sul tachimetro è pari a 290 km/h. Tutti i 67 esemplari della M3 CRT sono destinati all’Europa, a un prezzo di 130.000 euro.

lunedì 27 giugno 2011

Citroen C4


Ne abbiamo viste di tutti i colori, negli ultimi anni, sulle automobili: parcheggiano da sole, ti dicono che è ora del caffè, riconoscono i pedoni e li schivano, si aprono senza la chiave, ti avvisano che stai uscendo di strada e ti ci riportano dentro. Tutto è cambiato, nelle macchine moderne, tranne una cosa. Una piccola, insignificante cosa che è rimasta esattamente com’era sulla Millecento del nonno: il rumore delle frecce.
Ebbene, alla nuova C4 va riconosciuto il merito di aver colmato la lacuna. Magari non sarà uno di quei primati che passeranno alla storia, eppure è, questa, la prima auto al mondo con le suonerie personalizzabili. Sui telefonini succede da un decennio: ci voleva tanto a pensarci anche sulle macchine, per la miseria? Certo, una volta capito come si fa a cambiare il cicalino (e non è così immediato) un po’ di delusione affiora: le alternative al clic di base sono solo tre, di cui una quasi identica e un’altra fastidiosissima. 


E non è che puoi scaricarne da internet come fai col cellulare. Ma soprattutto, quella leggera sensazione di incompiuta deriva dalla constatazione che la storia dei lampeggiatori sa, in fondo, un po’ da contentino per un modello che segna un’inversione di rotta rispetto a quello che lo ha preceduto, secondo lo slogan “meno fantasia e più clienti”. Ovvero: vogliamo venderne di più della vecchia, non vogliamo essere — per dirla con Marchionne — l’ennesima me too, quindi lasciamo perdere certe stranezze da Citroën d’antan.
Addio dunque a uno stile personale, che si esprimeva tanto sulla cinque porte con il suo posteriore a zuccotto quanto sulla coupé con la sua coda shocking. Addio al volante con il mozzo centrale fisso, che aveva i suoi estimatori ma che faceva segnare alla bilancia quei tre buoni (e inutili) chili di troppo. E addio pure alla strumentazione centrale tutta digitale per far posto a una ben più tradizionale fatta salva — contentino bis — la possibilità di cambiarne l’illuminazione da un rassicurante bianco a uno sfavillante blu. 


Alla fine, delle trovate più o meno bizzarre della prima C4, è rimasto solo il sovraffollamento di tasti sul volante: adesso sono ben 16. Ecco, qui non ci saremmo certo lamentati se avessero deciso altrimenti.
Con tutto questo cosa vogliamo dire? Che la C4 seconda generazione ci convince meno della prima? Piano, piano: non traiamo conclusioni affrettate. Perché, a parte una innegabile prudenza nello stile in parte dovuta anche a ragioni funzionali — un esempio: il cofano motore, realizzato in alluminio, è molto “sollevato” per fare meno male ai pedoni — la nuova media francese è una delle macchine più interessanti sul mercato. Tanto per cominciare, ha un confort da fare invidia a molte berline di una taglia superiore, merito di un efficacissimo filtraggio delle sospensioni e di un accurato incapsulamento degli organi meccanici. Poi ha un’ottima resa dinamica, un due litri turbodiesel elastico e sempre in tiro e, soprattutto, una frenata quasi imbarazzante tanto è efficace, con spazi da record e una coerente sensazione di sicurezza al pedale. Rispetto alla prima generazione è in progresso la qualità dei materiali e, in generale, degli assemblaggi. Anche se qualcosa resta perfettibile su entrambi i fronti.


Mettendo in fila tutto quello che ci si porta a casa, nel più ricco allestimento Exclusive la C4 non costa neppure un’esagerazione, anzi. Per 24.550 euro si ha diritto a tutta l’elettronica di assistenza più diffusa, ai sensori di parcheggio davanti e dietro con aiuto alle manovre, al Bluetooth, al climatizzatore a canali separati, ai sedili anteriori zeppi di regolazioni elettriche — riscaldamento e massaggio inclusi — e a piccole finezze quali la presa da 230V sotto il bracciolo centrale.
La lista degli optional è povera nella quantità (otto referenze in tutto) ma non nella qualità dei contenuti. Semmai lascia perplessi la mancanza dell’ormai universale, anche sui diesel, Start&Stop. Non che i consumi (14,4 km/litro in città) siano preoccupanti. Però la 1.6 HDi ce l’ha di serie: ed è davvero poco ragionevole non trovarlo anche sulla 2.0.Una delle caratteristiche della precedente C4 (peraltro condivisa dall’attuale C5), cioè il volante col mozzo fisso, è sparita: ora la “pagnotta” centrale è in un pezzo unico con la corona, appiattita in basso anche per favorire l’accessibilità: un ritorno al classico. Però i 16 tasti integrati con cui controllare praticamente ogni parametro della vettura sono un’esagerazione. 


Ben schermato dai raggi solari il navigatore, efficiente e piuttosto rapido il clima. Non tanti e poco pratici i portaoggetti: mancanza discutibile, su un’auto frutto di un progetto tutto nuovo. Con suoi 408 litri, regolari e ben attrezzati, il bagagliaio della C4 è ottimo per la spesa all’iper e le ferie. Ma se c’è da trasportare qualcosa di ingombrante, lo scalino che lascia la seduta fissa è piuttosto fastidioso. Grazie anche alle numerosissime regolazioni elettriche, di serie sull’allestimento Exclusive, l’assetto di guida è perfettamente personalizzabile. I sedili sono contenitivi, con fianchetti non eccessivamente rigidi che quindi non complicano, come a volte succede, l’accessibilità. Note meno liete dietro: lo spazio per le gambe non è molto. E non ci sono le bocchette.
Non è una regola in senso stretto, ma un’abitudine oramai ricorrente di molti costruttori. Che hanno velocizzato i cicli di vita dei modelli senza però buttarne alle ortiche gli scheletri.
Quindi, un pianale (specie nei moltissimi casi in cui sia “sano”) dura tranquillamente per due generazioni. Anche perché diversamente i costi di progettazione e produzione salirebbero alle stelle. Non sfugge alla regola la Citroën C4, la cui seconda serie ricopia pari pari il molto di buono che c’era sulla precedente, il cui pavimento con interasse di 2608 mm (Piattaforma 2, nel glossario del Gruppo PSA) è peraltro comune anche alla cugina Peugeot 308.


E non a caso lo stabilimento francese in cui la compatta Citroën prende forma, quello di Mulhouse, nasce negli anni ‘60 come fabbrica Peugeot. Confermati dunque lo schema, classicissimo, delle sospensioni, con uno pseudo McPherson davanti e un assale torcente dietro riveduto e corretto, e lo sterzo servoassistito elettroidraulicamente. Ovviamente il passaggio generazionale è stato l’occasione per una serie di migliorie poco vistose ma molto importanti. Si è lavorato ad esempio molto sull’insonorizzazione (e si sente), su più fronti: dall’irrigidimento del blocco motore per ridurre le vibrazioni all’uso di un parabrezza acustico, che impiega cioè una pellicola insonorizzante in mezzo alle stratificazioni del cristallo, passando per un attento incapsulamento del vano motore.
Poi c’è tanta elettronica di assistenza: agli oramai universali controlli di trazione e stabilità integrati e completati dall’Hill Holder si aggiunge l’avviso di superamento della linea continua (che proprio la precedente C4 portò al debutto sei anni fa) oltre a un segnalatore dell’angolo morto operante a ultrasuoni: quattro sensori sui paraurti rilevano, tra 12 e 140 km/h e in un raggio d’azione compreso tra 5 metri dietro la macchina e 3,5 metri sui lati, la presenza di eventuali veicoli che vengono segnalati al conducente con l’attivazione di un’indicazione luminosa sul retrovisore esterno.


Altre finezze, il cruise control che, oltre a comprendere l’utile funzione di limitatore di velocità, memorizza cinque impostazioni, così da richiamare in modo immediato i limiti di velocità delle strade e autostrade che vengono più frequentemente percorse.
Quanto all’illuminazione, oltre ai bixeno direzionali vanno segnalati i fendinebbia “angolari”, al loro debutto su una Citroën: si attivano automaticamente in curva quando è stato azionato l’indicatore di direzione o quando il volante è sterzato di un angolo superiore ai 60°. Molta attenzione è stata inoltre riservata al contenimento del peso, o quantomeno a evitare che il leggero incremento dimensionale non comportasse un aggravio alla bilancia. Pur di risparmiare, ogni mezzo è stato impiegato. Compresa la saldatura laser di tetto e porte, che pure vale solo 2 kg. Infine, i materiali. Con una riciclabilità del 15% sull’insieme dei polimeri impiegati.

sabato 25 giugno 2011

Mini Coupè


La MINI Coupé è la prima biposto nella gamma della Casa anglo-tedesca e punta a rendere ancora più coinvolgente il concetto di sportività e divertimento di guida già presente nella genetica MINI. L’aspetto più caratterizzante della nuova MINI Coupé è la forte inclinazione dei montanti anteriori, in stile roadster, un’altezza complessiva inferiore di 52 mm rispetto alla MINI e l’inedita forma del padiglione che sembra “appoggiato” a mo’ di cappello su di una fascia vetrata continua. In pratica nulla è cambiato rispetto alla MINI Coupé Concept del 2009, cosa che testimonia un concetto di due posti nato già maturo. Anche la potenza dei motori pare adeguata al look grintoso della MINI Coupé, con valori che vanno dai 122 CV della MINI Cooper Coupé ai 211 CV della MINI John Cooper Works Coupé passando per i 143 CV a gasolio della MINI Cooper SD Coupé.


La nuova carrozzeria compatta a tre volumi è sottolineata dallo spoiler posteriore attivo che fuoriesce oltre gli 80 km/h per ottimizzare l’aerodinamica in coda. Rispetto alla MINI hatchback gli ingombri restano praticamente invariati, con una lunghezza di 3.734 mm (3.728 mm la Cooper Coupé), una larghezza di 1.683 mm e un passo di 2.467 mm. Solo l’altezza è inferiore e parte dai 1.378 mm della Cooper Coupé per arrivare ai 1.384 mm delle altre versioni. Avendo rinunciato a due posti la MINI Cooper prevede un vano di carico bagagli dietro ai sedili e un’apertura di carico passante fra bagagliaio e abitacolo che permette di stivare oggetti ingombranti caricandoli attraverso il portellone posteriore. La nuova forma della carrozzeria è abbinata allo spostamento in avanti delle masse, al miglioramento della resistenza torsionale attraverso appositi rinforzi della scocca, elementi che uniti ad una nuova taratura dell’assetto puntano ad ottimizzare agilità e sicurezza di guida. Nella dotazione di serie della MINI Coupé ci sono servosterzo elettromeccanico, regolazione della stabilità di guida DSC e modalità di trazione DTC con controllo elettronico del differenziale EDLC (di serie su MINI John Cooper Works Coupé).



La gamma della nuova 2 posti parte dalla MINI Cooper Coupé, spinta dal 4 cilindri a benzina di 1.598 cc, 122 CV e 160 Nm. Con questo propulsore la Cooper Coupé è in grado di accelerare da 0 a 100 km/h orari in 9 secondi netti e di arrivare ai 204 km/h, mentre il consumo medio si attesta sui 5,4 l/100 km. La MINI Cooper S Coupé ha in più l’iniezione diretta di benzina e il turbocompressore Twin-Scroll che le consentono di sviluppare 184 CV, 240 Nm (260 Nm con overboost) e di coprire lo “0-100” in 6,9 secondi. La velocità massima è di 230 km/h e i consumi combinati di 5,8 l/100 km. Il top della gamma è rappresentato dalla MINI John Cooper Works Coupé, che con i suoi 211 CV e 260 Nm (280 Nm con overboost) si rivolge agli amanti della sportività. Lo scatto da 0 a 100 km/h in 6,4 secondi e la punta massima di 240 km/h sono dati interessanti e si abbinano ai 7,1 l/100 km di consumo medio. Un curioso mix fra prestazioni e consumi contenuti è rappresentato dalla MINI Cooper SD Coupé, che grazie al 4 cilindri turbodiesel di 2 litri può vantare 143 CV, 305 Nm, una velocità massima di 216 km/h e 7,9 secondi per raggiungere i 100 km/h da fermo. Il dato di consumo medio è pari a 4,3 l/100 km.



L’abitacolo della MINI Coupé presenta degli specifici incavi nel cielo del tetto per ottimizzare lo spazio per la testa degli occupanti, sedili sportivi di serie (ad esclusione della Cooper Coupé) e doppio vano portaoggetti posteriore. Materiali e Colori degli interni possono essere scelti in una vasta gamma di possibilità, così come la verniciatura esterna che prevede il tetto in colore a contrasto e nuove Sport Stripes sul cofano motore, sul bagagliaio, sullo spoiler e sul tetto (in tinta carrozzeria). Nella dotazione standard sono inclusi specchietti elettrici, sensori di parcheggio posteriori, climatizzatore, radio CD MP3 e ingresso Aux, volante multifunzione, sedili regolabili in altezza e computer di bordo. 



Fra gli optional si segnalano i fari allo xeno, il climatizzatore automatico, il Comfort Access, il pacchetto John Cooper Works e tutte le opzioni del programma MINI Yours. A livello di infotainment si possono avere gli altoparlanti Harman Kardon, la predisposizione Bluetooth, l’interfaccia audio USB, il navigatore MINI e le funzioni di MINI Connected che includono la webradio e la ricerca locale di Google e Google Send to Car. Entro breve saranno ufficializzati i prezzi e i tempi di commercializzazione in Italia della MINI Coupé, che sarà presentata ufficialmente al Salone di Francoforte (15-25 settembre). Per ammirare la versione scoperta, denominata MINI Roadster, bisognerà invece attendere il Salone di Detroit, in programma dal 9 al 22 gennaio 2012.

giovedì 23 giugno 2011

Citroen 2CV (1948 - 1990)

 La Citroën 2CV (deux chevaux - francese, letteralmente "due cavalli", dalla valutazione dei cavalli fiscali in Francia) è un'autovettura utilitaria prodotta dall'industria francese Citroën dal 1948 al 1990. 

1948


Dopo la scomparsa del fondatore André Citroën (1935) e la conseguente acquisizione da parte della Michelin, Pierre-Jules Boulanger si trovava a dirigere la gloriosa azienda produttrice della Traction-Avant ed a fare i conti con la nuova richiesta di locomozione autonoma della classe media. Le automobili, in Francia, non erano da tempo una novità, ma il prezzo di acquisto dei modelli prodotti restava proibitivo per le tasche di agricoltori, artigiani, piccoli professionisti ed impiegati.
Probabilmente, anche la notizia dell'iniziativa presa da Mussolini (Fiat 500 - Topolino) per la motorizzazione di massa dell'Italia fascista, contribuiva a solleticare la grandeur francese ad una pronta risposta.
Nel maggio del 1936, Boulanger dà il via al programma T.P.V. (Très Petite Voiture), basandosi su alcuni studi di forma eseguiti l'anno precedente da Flaminio Bertoni. La direzione del progetto viene affidata allo stesso Bertoni per la parte estetica ed a André Lefèbvre per quella meccanica.

1960

Le disposizioni di Boulanger sono semplici e, nel contempo, rivoluzionarie. La nuova vettura, di concezione particolarmente economica, dovrà essere in grado di trasportare "quattro passeggeri ed un sacco di patate a 60 chilometri all'ora con un consumo di tre litri per cento chilometri". Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle e la vettura deve essere concepita in modo semplice per permettere ai contadini di utilizzarla. Boulanger pretese inoltre che fosse possibile entrare a bordo con il cappello in testa.
Agli inizi del 1939 i primi due prototipi funzionanti sono pronti per essere esposti al Salone di Parigi, mentre inizia la produzione di 250 esemplari per le prove d’affinamento. Il conflitto mondiale interromperà il progetto T.P.V. che verrà ripreso nell’immediato dopoguerra.
Per inciso, la temuta prova di attraversamento del campo arato trasportando un paniere di uova venne davvero eseguita personalmente da Boulanger. La leggenda narra che il patron si mise alla guida della T.P.V., con tanto di cappello in testa, e fece un'andata e ritorno sulle zolle di un campo appena arato. Disceso dalla vettura controllò lo stato delle uova nel paniere e ne bevve anche una, forse al fine di controllare che non fossero uova falsificate.

1950

Conclusa la lunga parentesi bellica (durante la quale Boulanger aveva fatto "sparire" i prototipi demolendoli e nascondendone alcuni in un'azienda agricola), il cammino evolutivo della 2 CV riprende per arrivare ad essere esposta in forma definitiva al Salone di Parigi il 7 ottobre 1948. La 2 CV-A, nella sua primigenia livrea grigia voluta da Bertoni, viene presentata e descritta da un gongolante (con moderazione) Boulanger al meravigliato Vincent Auriol, primo Presidente della Quarta Repubblica francese.
L'accoglienza della stampa fu fredda ed in alcuni casi la 2CV fu addirittura derisa. Con grande scorno per i giornalisti invece, l'auto divenne ben presto un bestseller presso il ceto medio che poté anch'esso fruire di un mezzo di trasporto proprio.
Per avere un'idea del successo enorme riscosso dalla 2CV, basti pensare che, dopo pochi mesi dalla sua presentazione, si crearono liste d'attesa di ben tre anni e che, nel 1950, la produzione passò dalle originarie 4 a ben 400 unità al giorno.
Le principali attrattive della 2CV erano il prezzo d'acquisto (costava la metà di un Maggiolino), gli irrisori costi di gestione e la capacità di adattarsi a qualunque tipo di fondo stradale: grande tenuta di strada sull'asfalto e un eccellente comportamento sui percorsi accidentati. Le quattro porte, il tetto apribile ed il capiente bagagliaio, consentito dalla posizione anteriore del motore, le conferivano una versatilità veramente unica.

1970

Nei successivi 42 anni ininterrotti di produzione la 2CV ha subito centinaia di piccoli aggiornamenti che non hanno però modificato la sostanza del progetto originale. Molte sono le automobili derivate dal progetto T.P.V. che vennero costruite per soddisfare le più svariate esigenze, come le Ami 6 e Ami 8, la Dyane e la Méhari. Quest'ultima venne utilizzata dalla Citroën per avviare l'ambizioso progetto F.A.F. (facile à fabriquer), finalizzato all'autonoma costruzione di automezzi nei paesi in via di sviluppo. Decine di piccole fabbriche vennero impiantate in tutto il mondo, come l'indocinese Dalat e l'Iraniana Baby-Brousse.
Vennero costruite anche diverse versioni speciali della 2CV, tra cui due coupé, denominate Dagonet e Bijou, una 2CV Sahara a trazione integrale e dotata di doppio motore (anteriore e posteriore), realizzata per l'esercito coloniale in Algeria e Marocco.
Il 25 febbraio 1987 lo storico stabilimento di Levallois viene chiuso dopo aver sfornato 2.790.472 Citroën 2CV. La produzione continuerà in Portogallo fino alle ore 16.00 del 27 luglio 1990, quando l'ultima 2CV esce dallo stabilimento di Mangualde. I consuntivi delle unità prodotte di 2CV e derivate nelle varie fabbriche, sono da capogiro. Anche se i dati dei modelli FAF non sono conosciuti, si stima che le "figlie" del progetto T.P.V. siano state circa 10 milioni: 3.872.583 2CV berlina, 1.504.221 2CV Furgonetta, 1.443.583 Dyane, 1.840.159 Ami e 144.953 Mehari.

2CV Sahara 1960-1966
Dal punto di vista costruttivo, il livello di semplicità tecnologica che stava alla base della realizzazione della 2CV, la poneva all'epoca come una delle auto più economiche del mondo. Anche in seguito non usufruì di grosse modifiche, se si eccettuano alcuni aggiornamenti ai freni (passando ai dischi nel 1980) ed al motore, passato dagli originari 375 cc di cilindrata a 425 ed infine a 602 cc, ferma restando la originaria architettura del motore stesso (raffreddato ad aria).
Tra le caratteristiche più evidenti di questa semplicità costruttiva vi era il sedile posteriore sostituito da una pura e semplice panchetta. Inoltre, essendo il motore raffreddato ad aria, non vi erano radiatore e pompa dell'acqua, né termostato. Al momento del lancio, la 2CV disponeva delle seguenti caratteristiche:
  • motore anteriore
  • trazione anteriore
  • 2 cilindri contrapposti
  • cambio a 4 marce
2CV Dagonet

Le sospensioni erano estremamente morbide, in maniera tale da permettere alla 2CV di poter accedere anche a terreni accidentati, mentre la trazione anteriore conferiva alla vettura una certa sicurezza di guida. Il motore adottato era un 2 cilindri boxer raffreddato ad aria da 375 cc di cilindrata. Il cambio era a 4 marce, soluzione d'avanguardia, all'epoca, per un'utilitaria. La 2CV disponeva inizialmente di un unico faro sia all'anteriore che al posteriore. Il tergicristalli era azionato da un meccanismo connesso alla trasmissione, che a sua volta azionava anche il tachimetro. In questo modo, maggiore era la velocità dell'auto, maggiore era la velocità con cui si muoveva il tergicristallo.
La 2CV era disponibile all'inizio della commercializzazione con un bicilindrico boxer da 375 cc. Questo propulsore era raffreddato ad aria e poteva sviluppare una potenza massima di soli 9 CV, pari a 6.5 kW. Una cifra che oggi potrebbe far sorridere, ma che all'epoca era all'incirca la norma per un'utilitaria, specie se molto essenziale e ridotta all'osso come la 2CV. La velocità massima raggiungibile dalla 2CV era di soli 65 km/h.
A partire dal 1955, fu introdotto un nuovo motore da 425 cc che la 2CV mantenne fino al 1968, anno in cui la gamma si sdoppiò: venne presentato un nuovo motore da 602 cc e 28 CV di potenza massima, mentre il motore da 425 cc fu portato a 435 cc. Contemporaneamente mutarono leggermente anche le denominazioni: la versione meno potente fu battezzata 2CV 4, mentre la versione più grande prese il nome di 2CV 6.

2CV Bijou 1955
Quest'ultima nel 1970 beneficiò di un incremento di potenza, salendo così a 33 CV. Il 1978 vide invece l'uscita di produzione della 2CV 4, lasciando in listino solo la motorizzazione maggiore. Nel 1979 la potenza massima del bicilindrico da 602 cc scese a 29 CV, ma fu rivisto il resto della meccanica in maniera tale da ridurre i consumi e migliorare le prestazioni. A questo punto la velocità max della 2CV 6 era di 115 km/h.
Oltre che per le sue particolari caratteristiche, la 2CV divenne famosa presso il pubblico grazie alla sua comparsa in innumerevoli film di successo, tra cui un episodio di James Bond (l'esemplare utilizzato sopravviveva a diversi ribaltamenti permettendo a 007 di sfuggire agli inseguitori), o anche nel film American Graffiti o ancora La vendetta della Pantera Rosa, solo per citarne alcuni. Inoltre, grazie anche ad alcuni exploit più o meno noti, la 2CV finì per divenire un mito inattaccabile; ad esempio, il giro del mondo su una 2CV, durato 13 mesi, durante i quali furono percorsi 100 mila km a bordo della piccola vettura. Anche il cantautore Claudio Baglioni, contribuì ad alimentare il mito della Citroen 2CV: lui e la sua "Camilla" girarono l'Italia. Nel 2003 anche la cantautrice Elisa Toffoli utilizzo una 2cv 6 arancione nel videoclip della sua canzone intitolata "Broken". La 2CV è stata utilizzata anche in ambito sportivo, in Inghilterra il BARC organizza un monomarca con gare sprint e durata (in particolare una 24 Ore a Francorchamps). In Francia recentemente un esemplare è stato preparato per la Parigi-Dakar sotto la guida di Georges Marques, ma una sospensione danneggiata da un salto e noie meccaniche impedirono alla "Bi-Bip 2" di raggiungere il Senegal. La vettura ha poi disputato la 24 Ore di Parigi, una gara riservata a vetture 4X4, giungendo al traguardo senza problemi di rilievo. Ancora oggi sopravvivono oltralpe in ambito locale corse con le 2CV allestite per i tracciati sterrati e in ghiaccio.

2CV 6 1968