giovedì 30 giugno 2011

Lotus Evora IPS


Arriva sul mercato italiano la versione IPS (Intelligent Precision Shift) con cambio automatico a gestione elettronica della coupè Lotus Evora. Prezzi al pubblico a partire da 65.000 Euro.
Sono iniziate in Italia le consegne delle nuova Lotus Evora IPS (Intelligent Precision Shift) con cambio automatico a 6 rapporti esposta in anteprima mondiale allo scorso  Salone dell’Automobile di Parigi. Equipaggiata con il già noto motore 3.500-V6 da 280 CV, la nuova versione permette al guidatore di cambiare le marce in modo manuale oppure automatico, così come di selezionare una speciale modalità di guida sportiva che gli consente di sperimentare appieno la guida sportiva di una Lotus, gestendo ogni rapporto ed avendo il controllo completo della trasmissione.


«Evora IPS è pensata per allargare il mercato potenziale di Evora e per raggiungere un pubblico leggermente diverso dai clienti tradizionali della nostra marca. Pensiamo, in particolare, a mercati come Asia, Medio Oriente e Stati Uniti dove le automobili con cambio automatico sono molto diffuse» ha detto Dany Bahar, direttore esecutivo di Group Lotus. «E’ passato molto tempo da quando Lotus ha presentato un modello con cambio automatico ed abbiamo dedicato al suo sviluppo in modo che si adattasse perfettamente all’esperienza di guida di una Evora».


Ultima espressione di una grande tradizione sportiva e di 60 anni di esperienza nel campo delle automobili granturismo e da competizione, Lotus Evora è una coupé molto differente da quelle che si possono vedere in circolazione. Progettata in modo innovativo per fornire le doti di guidabilità e maneggevolezza, che fanno parte del DNA Lotus e per garantire un’esperienza di guida esaltante e coinvolgente, anche Evors IPS, come la versione con cambio manuale, è disponibile in allestimento a 2 ed a 2+2 posti.


Costruita attorno ad un telaio scatolato in alluminio, seguendo tecniche che sono valse alla Casa inglese il successo in 79 gran premi (con 6 titoli mondiali di Formula 1) ed alla 500 Miglia di Indianapolis, la nuova Lotus Evora IPS è equipaggiata con un motore bialbero Toyota 3.500-V6 a 24 valvole da 280 CV con distribuzione variabile Dual VVT-i che le garantisce una velocità massima di 250 km/h e di raggiungere 100 km/h con partenza da fermo in 4.9 secondi. Il consumo di benzina è di 8,8 litri ogni 100 chilometri (ciclo misto) e le emissioni di CO2 di 208 g/km.

martedì 28 giugno 2011

BMW M3 CRT


Quale migliore scenario del Nordschleife, l’anello di 21 km che forma il leggendario circuito tedesco, per organizzare una festa. Ancora meglio se parliamo del BMW M Fest, evento organizzato dalla Casa dell’Elica in concomitanza con la gara di endurance della 24 Ore del Nurburgring - cui il Gruppo partecipa anche con la MINI John Cooper Works Coupé - e se l’ospite d’onore è la BMW M3 CRT. Parliamo di una serie speciale, prodotta in soli 67 esemplari, della M3 berlina, realizzata utilizzando il motore della coupé M3 GTS e enfatizzando la riduzione di peso grazie all’adozione dei materiali ultraleggeri.


Il nome riassume le caratteristiche tecniche della vettura: CRT sta infatti per Carbon Racing Technology e in fibra di carbonio sono infatti realizzati i principali componenti della carrozzeria e dell’abitacolo. Il cofano motore, il tetto e lo spoiler posteriore in composito alleggeriscono le masse del corpo vettura, condividendo il materiale con i sedili a guscio anteriori (il divanetto è poi sostituito da due elementi separati). I quattro terminali di scarico sono in titanio, mentre l’alluminio è riservato ai cerchi in lega da 19 pollici (con pneumatici 245/35 anteriori e 265/30 posteriori), già utilizzati dalla M3 GTS. Il verdetto finale della bilancia parla di 1.580 kg, per un risparmio di peso di 45 kg rispetto alla berlina 4 porte attualmente in listino.


La parentela della M3 CRT con la coupé “pronto-gara” GTS si trovano inoltre sotto il cofano, dove risiede il V8 potenziato di 30 CV rispetto alla versione di serie, per produrre 450 CV di potenza e 440 Nm di coppia (contro gli originari 400). La trasmissione dual-clutch a 7 rapporti si occupa infine di trasmettere sull’asfalto le credenziali motoristiche della sportiva di Monaco: per accelerare da 0-100 km/h le bastano 4,4 secondi e la velocità massima che si legge sul tachimetro è pari a 290 km/h. Tutti i 67 esemplari della M3 CRT sono destinati all’Europa, a un prezzo di 130.000 euro.

lunedì 27 giugno 2011

Citroen C4


Ne abbiamo viste di tutti i colori, negli ultimi anni, sulle automobili: parcheggiano da sole, ti dicono che è ora del caffè, riconoscono i pedoni e li schivano, si aprono senza la chiave, ti avvisano che stai uscendo di strada e ti ci riportano dentro. Tutto è cambiato, nelle macchine moderne, tranne una cosa. Una piccola, insignificante cosa che è rimasta esattamente com’era sulla Millecento del nonno: il rumore delle frecce.
Ebbene, alla nuova C4 va riconosciuto il merito di aver colmato la lacuna. Magari non sarà uno di quei primati che passeranno alla storia, eppure è, questa, la prima auto al mondo con le suonerie personalizzabili. Sui telefonini succede da un decennio: ci voleva tanto a pensarci anche sulle macchine, per la miseria? Certo, una volta capito come si fa a cambiare il cicalino (e non è così immediato) un po’ di delusione affiora: le alternative al clic di base sono solo tre, di cui una quasi identica e un’altra fastidiosissima. 


E non è che puoi scaricarne da internet come fai col cellulare. Ma soprattutto, quella leggera sensazione di incompiuta deriva dalla constatazione che la storia dei lampeggiatori sa, in fondo, un po’ da contentino per un modello che segna un’inversione di rotta rispetto a quello che lo ha preceduto, secondo lo slogan “meno fantasia e più clienti”. Ovvero: vogliamo venderne di più della vecchia, non vogliamo essere — per dirla con Marchionne — l’ennesima me too, quindi lasciamo perdere certe stranezze da Citroën d’antan.
Addio dunque a uno stile personale, che si esprimeva tanto sulla cinque porte con il suo posteriore a zuccotto quanto sulla coupé con la sua coda shocking. Addio al volante con il mozzo centrale fisso, che aveva i suoi estimatori ma che faceva segnare alla bilancia quei tre buoni (e inutili) chili di troppo. E addio pure alla strumentazione centrale tutta digitale per far posto a una ben più tradizionale fatta salva — contentino bis — la possibilità di cambiarne l’illuminazione da un rassicurante bianco a uno sfavillante blu. 


Alla fine, delle trovate più o meno bizzarre della prima C4, è rimasto solo il sovraffollamento di tasti sul volante: adesso sono ben 16. Ecco, qui non ci saremmo certo lamentati se avessero deciso altrimenti.
Con tutto questo cosa vogliamo dire? Che la C4 seconda generazione ci convince meno della prima? Piano, piano: non traiamo conclusioni affrettate. Perché, a parte una innegabile prudenza nello stile in parte dovuta anche a ragioni funzionali — un esempio: il cofano motore, realizzato in alluminio, è molto “sollevato” per fare meno male ai pedoni — la nuova media francese è una delle macchine più interessanti sul mercato. Tanto per cominciare, ha un confort da fare invidia a molte berline di una taglia superiore, merito di un efficacissimo filtraggio delle sospensioni e di un accurato incapsulamento degli organi meccanici. Poi ha un’ottima resa dinamica, un due litri turbodiesel elastico e sempre in tiro e, soprattutto, una frenata quasi imbarazzante tanto è efficace, con spazi da record e una coerente sensazione di sicurezza al pedale. Rispetto alla prima generazione è in progresso la qualità dei materiali e, in generale, degli assemblaggi. Anche se qualcosa resta perfettibile su entrambi i fronti.


Mettendo in fila tutto quello che ci si porta a casa, nel più ricco allestimento Exclusive la C4 non costa neppure un’esagerazione, anzi. Per 24.550 euro si ha diritto a tutta l’elettronica di assistenza più diffusa, ai sensori di parcheggio davanti e dietro con aiuto alle manovre, al Bluetooth, al climatizzatore a canali separati, ai sedili anteriori zeppi di regolazioni elettriche — riscaldamento e massaggio inclusi — e a piccole finezze quali la presa da 230V sotto il bracciolo centrale.
La lista degli optional è povera nella quantità (otto referenze in tutto) ma non nella qualità dei contenuti. Semmai lascia perplessi la mancanza dell’ormai universale, anche sui diesel, Start&Stop. Non che i consumi (14,4 km/litro in città) siano preoccupanti. Però la 1.6 HDi ce l’ha di serie: ed è davvero poco ragionevole non trovarlo anche sulla 2.0.Una delle caratteristiche della precedente C4 (peraltro condivisa dall’attuale C5), cioè il volante col mozzo fisso, è sparita: ora la “pagnotta” centrale è in un pezzo unico con la corona, appiattita in basso anche per favorire l’accessibilità: un ritorno al classico. Però i 16 tasti integrati con cui controllare praticamente ogni parametro della vettura sono un’esagerazione. 


Ben schermato dai raggi solari il navigatore, efficiente e piuttosto rapido il clima. Non tanti e poco pratici i portaoggetti: mancanza discutibile, su un’auto frutto di un progetto tutto nuovo. Con suoi 408 litri, regolari e ben attrezzati, il bagagliaio della C4 è ottimo per la spesa all’iper e le ferie. Ma se c’è da trasportare qualcosa di ingombrante, lo scalino che lascia la seduta fissa è piuttosto fastidioso. Grazie anche alle numerosissime regolazioni elettriche, di serie sull’allestimento Exclusive, l’assetto di guida è perfettamente personalizzabile. I sedili sono contenitivi, con fianchetti non eccessivamente rigidi che quindi non complicano, come a volte succede, l’accessibilità. Note meno liete dietro: lo spazio per le gambe non è molto. E non ci sono le bocchette.
Non è una regola in senso stretto, ma un’abitudine oramai ricorrente di molti costruttori. Che hanno velocizzato i cicli di vita dei modelli senza però buttarne alle ortiche gli scheletri.
Quindi, un pianale (specie nei moltissimi casi in cui sia “sano”) dura tranquillamente per due generazioni. Anche perché diversamente i costi di progettazione e produzione salirebbero alle stelle. Non sfugge alla regola la Citroën C4, la cui seconda serie ricopia pari pari il molto di buono che c’era sulla precedente, il cui pavimento con interasse di 2608 mm (Piattaforma 2, nel glossario del Gruppo PSA) è peraltro comune anche alla cugina Peugeot 308.


E non a caso lo stabilimento francese in cui la compatta Citroën prende forma, quello di Mulhouse, nasce negli anni ‘60 come fabbrica Peugeot. Confermati dunque lo schema, classicissimo, delle sospensioni, con uno pseudo McPherson davanti e un assale torcente dietro riveduto e corretto, e lo sterzo servoassistito elettroidraulicamente. Ovviamente il passaggio generazionale è stato l’occasione per una serie di migliorie poco vistose ma molto importanti. Si è lavorato ad esempio molto sull’insonorizzazione (e si sente), su più fronti: dall’irrigidimento del blocco motore per ridurre le vibrazioni all’uso di un parabrezza acustico, che impiega cioè una pellicola insonorizzante in mezzo alle stratificazioni del cristallo, passando per un attento incapsulamento del vano motore.
Poi c’è tanta elettronica di assistenza: agli oramai universali controlli di trazione e stabilità integrati e completati dall’Hill Holder si aggiunge l’avviso di superamento della linea continua (che proprio la precedente C4 portò al debutto sei anni fa) oltre a un segnalatore dell’angolo morto operante a ultrasuoni: quattro sensori sui paraurti rilevano, tra 12 e 140 km/h e in un raggio d’azione compreso tra 5 metri dietro la macchina e 3,5 metri sui lati, la presenza di eventuali veicoli che vengono segnalati al conducente con l’attivazione di un’indicazione luminosa sul retrovisore esterno.


Altre finezze, il cruise control che, oltre a comprendere l’utile funzione di limitatore di velocità, memorizza cinque impostazioni, così da richiamare in modo immediato i limiti di velocità delle strade e autostrade che vengono più frequentemente percorse.
Quanto all’illuminazione, oltre ai bixeno direzionali vanno segnalati i fendinebbia “angolari”, al loro debutto su una Citroën: si attivano automaticamente in curva quando è stato azionato l’indicatore di direzione o quando il volante è sterzato di un angolo superiore ai 60°. Molta attenzione è stata inoltre riservata al contenimento del peso, o quantomeno a evitare che il leggero incremento dimensionale non comportasse un aggravio alla bilancia. Pur di risparmiare, ogni mezzo è stato impiegato. Compresa la saldatura laser di tetto e porte, che pure vale solo 2 kg. Infine, i materiali. Con una riciclabilità del 15% sull’insieme dei polimeri impiegati.

sabato 25 giugno 2011

Mini Coupè


La MINI Coupé è la prima biposto nella gamma della Casa anglo-tedesca e punta a rendere ancora più coinvolgente il concetto di sportività e divertimento di guida già presente nella genetica MINI. L’aspetto più caratterizzante della nuova MINI Coupé è la forte inclinazione dei montanti anteriori, in stile roadster, un’altezza complessiva inferiore di 52 mm rispetto alla MINI e l’inedita forma del padiglione che sembra “appoggiato” a mo’ di cappello su di una fascia vetrata continua. In pratica nulla è cambiato rispetto alla MINI Coupé Concept del 2009, cosa che testimonia un concetto di due posti nato già maturo. Anche la potenza dei motori pare adeguata al look grintoso della MINI Coupé, con valori che vanno dai 122 CV della MINI Cooper Coupé ai 211 CV della MINI John Cooper Works Coupé passando per i 143 CV a gasolio della MINI Cooper SD Coupé.


La nuova carrozzeria compatta a tre volumi è sottolineata dallo spoiler posteriore attivo che fuoriesce oltre gli 80 km/h per ottimizzare l’aerodinamica in coda. Rispetto alla MINI hatchback gli ingombri restano praticamente invariati, con una lunghezza di 3.734 mm (3.728 mm la Cooper Coupé), una larghezza di 1.683 mm e un passo di 2.467 mm. Solo l’altezza è inferiore e parte dai 1.378 mm della Cooper Coupé per arrivare ai 1.384 mm delle altre versioni. Avendo rinunciato a due posti la MINI Cooper prevede un vano di carico bagagli dietro ai sedili e un’apertura di carico passante fra bagagliaio e abitacolo che permette di stivare oggetti ingombranti caricandoli attraverso il portellone posteriore. La nuova forma della carrozzeria è abbinata allo spostamento in avanti delle masse, al miglioramento della resistenza torsionale attraverso appositi rinforzi della scocca, elementi che uniti ad una nuova taratura dell’assetto puntano ad ottimizzare agilità e sicurezza di guida. Nella dotazione di serie della MINI Coupé ci sono servosterzo elettromeccanico, regolazione della stabilità di guida DSC e modalità di trazione DTC con controllo elettronico del differenziale EDLC (di serie su MINI John Cooper Works Coupé).



La gamma della nuova 2 posti parte dalla MINI Cooper Coupé, spinta dal 4 cilindri a benzina di 1.598 cc, 122 CV e 160 Nm. Con questo propulsore la Cooper Coupé è in grado di accelerare da 0 a 100 km/h orari in 9 secondi netti e di arrivare ai 204 km/h, mentre il consumo medio si attesta sui 5,4 l/100 km. La MINI Cooper S Coupé ha in più l’iniezione diretta di benzina e il turbocompressore Twin-Scroll che le consentono di sviluppare 184 CV, 240 Nm (260 Nm con overboost) e di coprire lo “0-100” in 6,9 secondi. La velocità massima è di 230 km/h e i consumi combinati di 5,8 l/100 km. Il top della gamma è rappresentato dalla MINI John Cooper Works Coupé, che con i suoi 211 CV e 260 Nm (280 Nm con overboost) si rivolge agli amanti della sportività. Lo scatto da 0 a 100 km/h in 6,4 secondi e la punta massima di 240 km/h sono dati interessanti e si abbinano ai 7,1 l/100 km di consumo medio. Un curioso mix fra prestazioni e consumi contenuti è rappresentato dalla MINI Cooper SD Coupé, che grazie al 4 cilindri turbodiesel di 2 litri può vantare 143 CV, 305 Nm, una velocità massima di 216 km/h e 7,9 secondi per raggiungere i 100 km/h da fermo. Il dato di consumo medio è pari a 4,3 l/100 km.



L’abitacolo della MINI Coupé presenta degli specifici incavi nel cielo del tetto per ottimizzare lo spazio per la testa degli occupanti, sedili sportivi di serie (ad esclusione della Cooper Coupé) e doppio vano portaoggetti posteriore. Materiali e Colori degli interni possono essere scelti in una vasta gamma di possibilità, così come la verniciatura esterna che prevede il tetto in colore a contrasto e nuove Sport Stripes sul cofano motore, sul bagagliaio, sullo spoiler e sul tetto (in tinta carrozzeria). Nella dotazione standard sono inclusi specchietti elettrici, sensori di parcheggio posteriori, climatizzatore, radio CD MP3 e ingresso Aux, volante multifunzione, sedili regolabili in altezza e computer di bordo. 



Fra gli optional si segnalano i fari allo xeno, il climatizzatore automatico, il Comfort Access, il pacchetto John Cooper Works e tutte le opzioni del programma MINI Yours. A livello di infotainment si possono avere gli altoparlanti Harman Kardon, la predisposizione Bluetooth, l’interfaccia audio USB, il navigatore MINI e le funzioni di MINI Connected che includono la webradio e la ricerca locale di Google e Google Send to Car. Entro breve saranno ufficializzati i prezzi e i tempi di commercializzazione in Italia della MINI Coupé, che sarà presentata ufficialmente al Salone di Francoforte (15-25 settembre). Per ammirare la versione scoperta, denominata MINI Roadster, bisognerà invece attendere il Salone di Detroit, in programma dal 9 al 22 gennaio 2012.

giovedì 23 giugno 2011

Citroen 2CV (1948 - 1990)

 La Citroën 2CV (deux chevaux - francese, letteralmente "due cavalli", dalla valutazione dei cavalli fiscali in Francia) è un'autovettura utilitaria prodotta dall'industria francese Citroën dal 1948 al 1990. 

1948


Dopo la scomparsa del fondatore André Citroën (1935) e la conseguente acquisizione da parte della Michelin, Pierre-Jules Boulanger si trovava a dirigere la gloriosa azienda produttrice della Traction-Avant ed a fare i conti con la nuova richiesta di locomozione autonoma della classe media. Le automobili, in Francia, non erano da tempo una novità, ma il prezzo di acquisto dei modelli prodotti restava proibitivo per le tasche di agricoltori, artigiani, piccoli professionisti ed impiegati.
Probabilmente, anche la notizia dell'iniziativa presa da Mussolini (Fiat 500 - Topolino) per la motorizzazione di massa dell'Italia fascista, contribuiva a solleticare la grandeur francese ad una pronta risposta.
Nel maggio del 1936, Boulanger dà il via al programma T.P.V. (Très Petite Voiture), basandosi su alcuni studi di forma eseguiti l'anno precedente da Flaminio Bertoni. La direzione del progetto viene affidata allo stesso Bertoni per la parte estetica ed a André Lefèbvre per quella meccanica.

1960

Le disposizioni di Boulanger sono semplici e, nel contempo, rivoluzionarie. La nuova vettura, di concezione particolarmente economica, dovrà essere in grado di trasportare "quattro passeggeri ed un sacco di patate a 60 chilometri all'ora con un consumo di tre litri per cento chilometri". Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle e la vettura deve essere concepita in modo semplice per permettere ai contadini di utilizzarla. Boulanger pretese inoltre che fosse possibile entrare a bordo con il cappello in testa.
Agli inizi del 1939 i primi due prototipi funzionanti sono pronti per essere esposti al Salone di Parigi, mentre inizia la produzione di 250 esemplari per le prove d’affinamento. Il conflitto mondiale interromperà il progetto T.P.V. che verrà ripreso nell’immediato dopoguerra.
Per inciso, la temuta prova di attraversamento del campo arato trasportando un paniere di uova venne davvero eseguita personalmente da Boulanger. La leggenda narra che il patron si mise alla guida della T.P.V., con tanto di cappello in testa, e fece un'andata e ritorno sulle zolle di un campo appena arato. Disceso dalla vettura controllò lo stato delle uova nel paniere e ne bevve anche una, forse al fine di controllare che non fossero uova falsificate.

1950

Conclusa la lunga parentesi bellica (durante la quale Boulanger aveva fatto "sparire" i prototipi demolendoli e nascondendone alcuni in un'azienda agricola), il cammino evolutivo della 2 CV riprende per arrivare ad essere esposta in forma definitiva al Salone di Parigi il 7 ottobre 1948. La 2 CV-A, nella sua primigenia livrea grigia voluta da Bertoni, viene presentata e descritta da un gongolante (con moderazione) Boulanger al meravigliato Vincent Auriol, primo Presidente della Quarta Repubblica francese.
L'accoglienza della stampa fu fredda ed in alcuni casi la 2CV fu addirittura derisa. Con grande scorno per i giornalisti invece, l'auto divenne ben presto un bestseller presso il ceto medio che poté anch'esso fruire di un mezzo di trasporto proprio.
Per avere un'idea del successo enorme riscosso dalla 2CV, basti pensare che, dopo pochi mesi dalla sua presentazione, si crearono liste d'attesa di ben tre anni e che, nel 1950, la produzione passò dalle originarie 4 a ben 400 unità al giorno.
Le principali attrattive della 2CV erano il prezzo d'acquisto (costava la metà di un Maggiolino), gli irrisori costi di gestione e la capacità di adattarsi a qualunque tipo di fondo stradale: grande tenuta di strada sull'asfalto e un eccellente comportamento sui percorsi accidentati. Le quattro porte, il tetto apribile ed il capiente bagagliaio, consentito dalla posizione anteriore del motore, le conferivano una versatilità veramente unica.

1970

Nei successivi 42 anni ininterrotti di produzione la 2CV ha subito centinaia di piccoli aggiornamenti che non hanno però modificato la sostanza del progetto originale. Molte sono le automobili derivate dal progetto T.P.V. che vennero costruite per soddisfare le più svariate esigenze, come le Ami 6 e Ami 8, la Dyane e la Méhari. Quest'ultima venne utilizzata dalla Citroën per avviare l'ambizioso progetto F.A.F. (facile à fabriquer), finalizzato all'autonoma costruzione di automezzi nei paesi in via di sviluppo. Decine di piccole fabbriche vennero impiantate in tutto il mondo, come l'indocinese Dalat e l'Iraniana Baby-Brousse.
Vennero costruite anche diverse versioni speciali della 2CV, tra cui due coupé, denominate Dagonet e Bijou, una 2CV Sahara a trazione integrale e dotata di doppio motore (anteriore e posteriore), realizzata per l'esercito coloniale in Algeria e Marocco.
Il 25 febbraio 1987 lo storico stabilimento di Levallois viene chiuso dopo aver sfornato 2.790.472 Citroën 2CV. La produzione continuerà in Portogallo fino alle ore 16.00 del 27 luglio 1990, quando l'ultima 2CV esce dallo stabilimento di Mangualde. I consuntivi delle unità prodotte di 2CV e derivate nelle varie fabbriche, sono da capogiro. Anche se i dati dei modelli FAF non sono conosciuti, si stima che le "figlie" del progetto T.P.V. siano state circa 10 milioni: 3.872.583 2CV berlina, 1.504.221 2CV Furgonetta, 1.443.583 Dyane, 1.840.159 Ami e 144.953 Mehari.

2CV Sahara 1960-1966
Dal punto di vista costruttivo, il livello di semplicità tecnologica che stava alla base della realizzazione della 2CV, la poneva all'epoca come una delle auto più economiche del mondo. Anche in seguito non usufruì di grosse modifiche, se si eccettuano alcuni aggiornamenti ai freni (passando ai dischi nel 1980) ed al motore, passato dagli originari 375 cc di cilindrata a 425 ed infine a 602 cc, ferma restando la originaria architettura del motore stesso (raffreddato ad aria).
Tra le caratteristiche più evidenti di questa semplicità costruttiva vi era il sedile posteriore sostituito da una pura e semplice panchetta. Inoltre, essendo il motore raffreddato ad aria, non vi erano radiatore e pompa dell'acqua, né termostato. Al momento del lancio, la 2CV disponeva delle seguenti caratteristiche:
  • motore anteriore
  • trazione anteriore
  • 2 cilindri contrapposti
  • cambio a 4 marce
2CV Dagonet

Le sospensioni erano estremamente morbide, in maniera tale da permettere alla 2CV di poter accedere anche a terreni accidentati, mentre la trazione anteriore conferiva alla vettura una certa sicurezza di guida. Il motore adottato era un 2 cilindri boxer raffreddato ad aria da 375 cc di cilindrata. Il cambio era a 4 marce, soluzione d'avanguardia, all'epoca, per un'utilitaria. La 2CV disponeva inizialmente di un unico faro sia all'anteriore che al posteriore. Il tergicristalli era azionato da un meccanismo connesso alla trasmissione, che a sua volta azionava anche il tachimetro. In questo modo, maggiore era la velocità dell'auto, maggiore era la velocità con cui si muoveva il tergicristallo.
La 2CV era disponibile all'inizio della commercializzazione con un bicilindrico boxer da 375 cc. Questo propulsore era raffreddato ad aria e poteva sviluppare una potenza massima di soli 9 CV, pari a 6.5 kW. Una cifra che oggi potrebbe far sorridere, ma che all'epoca era all'incirca la norma per un'utilitaria, specie se molto essenziale e ridotta all'osso come la 2CV. La velocità massima raggiungibile dalla 2CV era di soli 65 km/h.
A partire dal 1955, fu introdotto un nuovo motore da 425 cc che la 2CV mantenne fino al 1968, anno in cui la gamma si sdoppiò: venne presentato un nuovo motore da 602 cc e 28 CV di potenza massima, mentre il motore da 425 cc fu portato a 435 cc. Contemporaneamente mutarono leggermente anche le denominazioni: la versione meno potente fu battezzata 2CV 4, mentre la versione più grande prese il nome di 2CV 6.

2CV Bijou 1955
Quest'ultima nel 1970 beneficiò di un incremento di potenza, salendo così a 33 CV. Il 1978 vide invece l'uscita di produzione della 2CV 4, lasciando in listino solo la motorizzazione maggiore. Nel 1979 la potenza massima del bicilindrico da 602 cc scese a 29 CV, ma fu rivisto il resto della meccanica in maniera tale da ridurre i consumi e migliorare le prestazioni. A questo punto la velocità max della 2CV 6 era di 115 km/h.
Oltre che per le sue particolari caratteristiche, la 2CV divenne famosa presso il pubblico grazie alla sua comparsa in innumerevoli film di successo, tra cui un episodio di James Bond (l'esemplare utilizzato sopravviveva a diversi ribaltamenti permettendo a 007 di sfuggire agli inseguitori), o anche nel film American Graffiti o ancora La vendetta della Pantera Rosa, solo per citarne alcuni. Inoltre, grazie anche ad alcuni exploit più o meno noti, la 2CV finì per divenire un mito inattaccabile; ad esempio, il giro del mondo su una 2CV, durato 13 mesi, durante i quali furono percorsi 100 mila km a bordo della piccola vettura. Anche il cantautore Claudio Baglioni, contribuì ad alimentare il mito della Citroen 2CV: lui e la sua "Camilla" girarono l'Italia. Nel 2003 anche la cantautrice Elisa Toffoli utilizzo una 2cv 6 arancione nel videoclip della sua canzone intitolata "Broken". La 2CV è stata utilizzata anche in ambito sportivo, in Inghilterra il BARC organizza un monomarca con gare sprint e durata (in particolare una 24 Ore a Francorchamps). In Francia recentemente un esemplare è stato preparato per la Parigi-Dakar sotto la guida di Georges Marques, ma una sospensione danneggiata da un salto e noie meccaniche impedirono alla "Bi-Bip 2" di raggiungere il Senegal. La vettura ha poi disputato la 24 Ore di Parigi, una gara riservata a vetture 4X4, giungendo al traguardo senza problemi di rilievo. Ancora oggi sopravvivono oltralpe in ambito locale corse con le 2CV allestite per i tracciati sterrati e in ghiaccio.

2CV 6 1968

mercoledì 22 giugno 2011

Infiniti FX


Infiniti lancia il model year 2011 del SUV top di gamma FX, che in Europa rappresenta il modello di maggior successo del marchio giapponese. Per il 2011 l'ammiraglia giapponese ha ricevuto alcuni aggiornamenti a livello di sicurezza ed equipaggiamento, a partire dal dispositivo Lane Departure Prevention (LDP) che previene le invasioni accidentali di carreggiata. 


Il sistema LPD ha debuttato nel 2010 sull’FX30d, aggiudicandosi il riconoscimento Euro NCAP Advanced Award, il massimo riconoscimento dell'Euro NCAP per le innovazioni "i cui benefici per la sicurezza dei consumatori e della società sono scientificamente privati". L'LDP rientra nell’equipaggiamento di serie delle versioni Premium di FX37 GT, FX37 S e FX50 S, oltre che dell'FX30d. A differenza di altri sistemi, l'LDP si serve di avvisi acustici e visivi per segnalare al conducente la deviazione accidentale dalla propria corsia, con un intervento che riporta il veicolo all'interno della corsia, in caso di mancata risposta del pilota ai primi. Adesso è disponibile anche sui modelli benzina FX37 (V6 320 CV) e FX50 (V8 390 CV) nell’allestimento Premium, il più richiesto dai clienti, allineandoli così all’equivalente versione dell’FX30d (V6 diesel 238 CV). 


Il portellone posteriore ad azionamento elettrico adesso è di serie su tutte le versioni. L'altezza alla quale viene sollevato il portellone è programmabile per evitare difficoltà negli spazi ristretti e il portellone può essere sollevato o abbassato mediante un comando sul cruscotto, tramite pulsanti all'interno e all'esterno del portellone stesso e con l'I-Key. Disponibile per la prima volta sull'FX è anche la lussuosa finitura "Malbec Black" nera con pigmenti rossi, che sostituisce il "Mojave Copper" nella gamma colori dell'FX.
La gamma 2011 dell'Infiniti FX può già essere ordinata presso i centri Infiniti di Roma, Milano, Padova, Bologna e Firenze. I prezzi chiavi in mano sono i seguenti: FX37 GT 61.000 euro, FX 30d GT 62.200 euro, FX37 GT Premium 66.700 euro, FX30d GT Premium 66.900 euro, FX37 S 64.000 euro. 

lunedì 20 giugno 2011

Citroen DS5


Ed eccola la Citroen DS5, al debutto a Shanghai (21-28 aprile 2011) come terza rappresentante della linea DS e prima Citroen ad utilizzare il sistema ibrido Diesel Hybrid4 già utilizzato sulla Peugeot 3008. Per la nuova Citroen DS5 sono infatti già pronte le linee produttive dello storico stabilimento Peugeot di Sochaux. Lo stile riprende in parte gli spunti da vettura “premium” già visti sulla DS3 e sulla DS4, coniugandoli però con le dimensioni e le raffinatezze tecniche di un’ammiraglia. Basti citare l’Intelligent Traction Control, l’avviso di superamento involontario della linea di carreggiata con sistema video e la commutazione automatica degli abbaglianti in funzione del traffico.


Il Salone di Shanghai è stato scelto come palcoscenico dell’importante debutto perché dal 2102 la Citroen DS5 verrà commercializzata anche in Cina, oltre che in Europa alla fine del 2011. Nel rispetto dei principi progettuali di Creative Tecnologie avviati con la gamma DS, la Casa francese ha ripreso in parte il discorso stilistico intrapreso nel 2005 con la Citroen C-SportLounge, proponendo però una vettura di normale produzione che si ispira all’idea di “Gran Turismo” 5 porte di livello superiore. L’abitacolo è caratterizzato da una plancia avvolgente, rialzata e una larga console centrale, con i comandi delle marce a portata di mano e pelle pieno fiore, seta e legno a impreziosire gli interni.


La Citroen DS5, oltre ad avere un’impostazione definita da “Coupé Gran Turismo” ha una lunghezza di 4,52 metri ed è larga 1,85 metri, risultando quindi più piccola di Audi A5 Sportback e Volkswagen Passat CC. Il bagagliaio da 465 litri conferma una capacità di carico a livello delle familiari sportiveggianti, mentre l’abitacolo ospita 5 passeggeri. La parte più interessante è però nascosta sotto la carrozzeria e prevede l’utilizzo della trazione Hybrid4, un sistema ibrido che combina il motore diesel HDi alla propulsione elettrica. I 200 CV totali vengono trasferiti sulle quattro ruote e grazie alla marcia urbana in modalità elettrica le emissioni di CO2 sono contenute entro i 99 g/km.

sabato 18 giugno 2011

BMW M5


Sulla nuova piattaforma F10 della Serie 5 è nata la nuova BMW M5, uno dei più alti e tradizionali esempi di berlina tedesca: comoda e superaccessoriata eppure veloce, anzi velocissima. Senza però trascurare l'efficienza, tanto che se la potenza sale del 10% rispetto alla generazione precedente, consumi ed emissioni scendono di ben il 30%, così volare sulle Autobahn un po' meno costoso che in passato. Il resto, come su tutte le M5 dal 1984 ad oggi, è il tradizionale mix di sportività e lusso che ha reso celebre la M5 in tutti questi anni di carriera. 


La novità più importante della nuova BMW M5 è l'adozione del motore più potente mai adottato su una vettura di serie da BMW M GmbH: va in pensione il precedente V10 per fare posto alla più recente unità V8 4,4 litri che ha già debuttato sulle "parenti" X5 ed X6 M, ma è stata ulteriormente evoluta per raggiungere la bellezza di 560 CV fra 6.000 e 7.000 giri, per una coppia massima di 680 Nm a partire da 1.500 giri. In pratica un cavallo per ogni 3,3 kg, su una massa pari a 1.945 kg. 


Il propulsore M TwinPower Turbo è abbinato al cambio doppia frizione dedicato M Double Clutch Transmission Drivelogic a 7 rapporti, che consente prestazioni al top: accelerazione 0–100 km/h in 4,4 secondi, da 0 a 200 km/h in 13 secondi netti e una velocità di punta limitata ai canonici 250 km/h, ma che può essere elevata fino al limite naturale di ben 305 km/h se si adotta il pacchetto M Driver’s Package offerto come optional. I consumi invece si attestano su 9,9 l/100 km nel ciclo combinato (14 nel ciclo urbano, 7,6 in quello autostradale) per emissioni di CO2 pari a 232 g/km.
La nuova BMW M5 ha però anche un lato "gentile", grazie al sistema start/stop con recupero di energia in frenata e alla nuova funzione "Low Speed Assistance", che limita il nervosismo del propulsore nelle situazioni di frequenti stop & go come nel traffico.


La caratteristica più interessante della superberlina tedesca è infatti la possibilità di adattarne il carattere ad ogni frangente di guida. Partiamo dal cambio: le modalità automatiche D1, D2 e D3, selezionabili tramite un pulsante, offrono un grado via via superiore di sportività, al pari delle sequenziali S1, S2 ed S3, con quest'ultima che inserisce la funzione "Launch Control". Tutto, o quasi, può essere regolato sulla nuova M5: oltre al cambio, anche la risposta dell'acceleratore, dello sterzo, delle logiche di cambiata, del comportamento del differenziale, delle sospensioni attive e dell'informazioni dell'head-up display. Per la prima volta sul volante compaiono due pulsanti M, attraverso i quali il conducente può richiamare velocemente due set-up. 


Lunga 4,91, larga 1,89 e alta appena 1,45 metri, la nuova BMW M5 si riconosce al volo rispetto alla Serie 5 "civile" dacché è acquattata nell'assetto (11,7 cm l'altezza da terra) e aggressiva grazie all'aerodinamica dedicata che vanta un Cx pari a 0,33. Si distingue per il paraurti frontale con profonde prese d'aria, per le minigonne laterali, lo spoilerino sul baule e il diffusore posteriore con scarichi a quattro terminali, oltre a cerchi da 19" con gomme 265/40 all'anteriore e 295/40 al posteriore. Gli interni, oltre a componentistica "M" dedicata, sono invece praticamente full optional, con tocchi di lusso come la selleria in pelle e gli inserti in alluminio spazzolato. Data e prezzo di commercializzazione verranno annunciati più avanti.

venerdì 17 giugno 2011

Citroen DS4


La Citroën DS4 è il secondo modello della gamma Citroen DS, giungendo dopo la DS3 e circa sei mesi prima della DS5. Con questa sigla Citroen vorrebbe dar vita ad una gamma dalle caratteristiche più esclusive rispetto a quella “standard”, per creare l'alternativa particolare ai proprio estimatori. La Citroen DS4, in vendita dal secondo trimestre del 2011, è omologata per cinque posti e dichiara  queste misure: 4,27 m di lunghezza, mentre larghezza e l’altezza sono rispettivamente di 1.81 m e 1,53 m. Queste dimensioni sono assimilabile alla Hyundai i30, alla Peugeot 308 o alla Renault Megane, competitor della stessa Citroën per quella fetta di mercato corrispondente a questo segmento. 


La capacità del bagagliaio è 370 litri, che non è poco, ma molto meno rispetto alla C4 che ha un bagagliaio di 408 litri. Per quanto riguarda l'estetica della nuova Citroën DS4, le portiere posteriori presentano le maniglie nascoste nella carrozzeria, una soluzione che per prima è stata adottata dall'Alfa Romeo fin dalla156 e che poi ha trovato diversi estimatori anche nelle altre case automobilistiche. La linea è pulita, ma certamente meno felice e glamour di quella ottenuta dagli stilisti francesi con la DS3. La strada della Citroen DS4 per competere con le compatte Audi, BMW e Mercedes è decisamente proibitiva. Il suo prezzo, a partire da 20.000 euro, la rende poco competitiva anche contro le medie di successo quali la Volkswagen Golf, Opel Astra, Ford Focus e soprattutto la Alfa Romeo Giulietta


Un punto critico  è sicuramente legato all'accessibilità per i passeggeri alla parte posteriore della vettura, visto e considerato le dimensioni ridotte delle portiere posteriori. Come in altri modelli Citroën, anche per la DS4 è possibile godere del parabrezza panoramico, che si, che si estende fin quasi al di sopra della testa dei passeggeri anteriori. La dotazione di serie prevede come i fari diurni a LED; mentre gli interni sono caratterizzati da un cruscotto identico alla Citroen C4. A differenza di quest'ultima, però, la DS4 può essere equipaggiata con il cruscotto interamente rivestito in pelle, materiale che viene utilizzato anche sull’interno delle portiere e in altre aree della vettura, per impreziosire ulteriormente il gioiellino della casa francese. 


Per quanto riguarda le motorizzazioni, la DS4 comprende una gamma di cinque propulsori: tre alimentati a benzina e due diesel. I due motori diesel sono uno da 110 e l'altro da 160 cavalli; mentre le tre versioni a benzina VTi sono da 120, 150 e TPH 200. Per quanto riguarda il motore denominato THP, questo è sovralimentato ed eroga 200 cavalli; ed è lo stesso che equipaggia la Citroën DS3 Racing. Per questo motore Citroen dichiara emissioni pari a 149 g / km di CO2 ed un consumo di benzina di 6.4 l/100 km. Si tratta di un valore decisamente basso, almeno su carta, molto simile a quello ottenuto dall’Alfa Romeo Giulietta 1.4 Turbo 120 CV. Per il propulsore alimentato a gasolio da 110 cavalli sarà disponibile l’e-HDi. Si tratta del sistema Start&Stop, che spegne il motore quando la vettura si ferma ai semafori, oltre a produrre energia elettrica da parte di un generatore sfruttando l’energia che si genera durante la fase di frenata. In questo modo si ottengono riduzione di consumi ed emissioni nocive. 


La trasmissione è affidata ad un cambio a sei rapporti che è fornito sia in versione manuale sia automatica. Le sospensioni sono indipendenti con montanti McPherson all’anteriore e bracci longitudinali collegate da una barra di torsione al posteriore.
Per la presentazione stampa internazionale, Citroen ha scelto Barcellona e quindi bisogna attendere qualche settimana per conoscere come si comporta su strada, pur partendo da una buona base rappresentata dalla Citroen C4.  Il punto critico della Citroen DS4 è certamente il posizionamento prezzo poichè il design gioca una carta fondamentale e bisogna vedere se gli appassionati la inseriranno fra le trendycar o fra le vetture "nè carne nè pesce" : il miglior termometro lo da certamente il mercato dove al momento le regine si chiamano Volkswagen Golf ed Alfa Romeo Giulietta ce vendono persino più della ben più economica Citroen C3.