lunedì 27 giugno 2011

Citroen C4


Ne abbiamo viste di tutti i colori, negli ultimi anni, sulle automobili: parcheggiano da sole, ti dicono che è ora del caffè, riconoscono i pedoni e li schivano, si aprono senza la chiave, ti avvisano che stai uscendo di strada e ti ci riportano dentro. Tutto è cambiato, nelle macchine moderne, tranne una cosa. Una piccola, insignificante cosa che è rimasta esattamente com’era sulla Millecento del nonno: il rumore delle frecce.
Ebbene, alla nuova C4 va riconosciuto il merito di aver colmato la lacuna. Magari non sarà uno di quei primati che passeranno alla storia, eppure è, questa, la prima auto al mondo con le suonerie personalizzabili. Sui telefonini succede da un decennio: ci voleva tanto a pensarci anche sulle macchine, per la miseria? Certo, una volta capito come si fa a cambiare il cicalino (e non è così immediato) un po’ di delusione affiora: le alternative al clic di base sono solo tre, di cui una quasi identica e un’altra fastidiosissima. 


E non è che puoi scaricarne da internet come fai col cellulare. Ma soprattutto, quella leggera sensazione di incompiuta deriva dalla constatazione che la storia dei lampeggiatori sa, in fondo, un po’ da contentino per un modello che segna un’inversione di rotta rispetto a quello che lo ha preceduto, secondo lo slogan “meno fantasia e più clienti”. Ovvero: vogliamo venderne di più della vecchia, non vogliamo essere — per dirla con Marchionne — l’ennesima me too, quindi lasciamo perdere certe stranezze da Citroën d’antan.
Addio dunque a uno stile personale, che si esprimeva tanto sulla cinque porte con il suo posteriore a zuccotto quanto sulla coupé con la sua coda shocking. Addio al volante con il mozzo centrale fisso, che aveva i suoi estimatori ma che faceva segnare alla bilancia quei tre buoni (e inutili) chili di troppo. E addio pure alla strumentazione centrale tutta digitale per far posto a una ben più tradizionale fatta salva — contentino bis — la possibilità di cambiarne l’illuminazione da un rassicurante bianco a uno sfavillante blu. 


Alla fine, delle trovate più o meno bizzarre della prima C4, è rimasto solo il sovraffollamento di tasti sul volante: adesso sono ben 16. Ecco, qui non ci saremmo certo lamentati se avessero deciso altrimenti.
Con tutto questo cosa vogliamo dire? Che la C4 seconda generazione ci convince meno della prima? Piano, piano: non traiamo conclusioni affrettate. Perché, a parte una innegabile prudenza nello stile in parte dovuta anche a ragioni funzionali — un esempio: il cofano motore, realizzato in alluminio, è molto “sollevato” per fare meno male ai pedoni — la nuova media francese è una delle macchine più interessanti sul mercato. Tanto per cominciare, ha un confort da fare invidia a molte berline di una taglia superiore, merito di un efficacissimo filtraggio delle sospensioni e di un accurato incapsulamento degli organi meccanici. Poi ha un’ottima resa dinamica, un due litri turbodiesel elastico e sempre in tiro e, soprattutto, una frenata quasi imbarazzante tanto è efficace, con spazi da record e una coerente sensazione di sicurezza al pedale. Rispetto alla prima generazione è in progresso la qualità dei materiali e, in generale, degli assemblaggi. Anche se qualcosa resta perfettibile su entrambi i fronti.


Mettendo in fila tutto quello che ci si porta a casa, nel più ricco allestimento Exclusive la C4 non costa neppure un’esagerazione, anzi. Per 24.550 euro si ha diritto a tutta l’elettronica di assistenza più diffusa, ai sensori di parcheggio davanti e dietro con aiuto alle manovre, al Bluetooth, al climatizzatore a canali separati, ai sedili anteriori zeppi di regolazioni elettriche — riscaldamento e massaggio inclusi — e a piccole finezze quali la presa da 230V sotto il bracciolo centrale.
La lista degli optional è povera nella quantità (otto referenze in tutto) ma non nella qualità dei contenuti. Semmai lascia perplessi la mancanza dell’ormai universale, anche sui diesel, Start&Stop. Non che i consumi (14,4 km/litro in città) siano preoccupanti. Però la 1.6 HDi ce l’ha di serie: ed è davvero poco ragionevole non trovarlo anche sulla 2.0.Una delle caratteristiche della precedente C4 (peraltro condivisa dall’attuale C5), cioè il volante col mozzo fisso, è sparita: ora la “pagnotta” centrale è in un pezzo unico con la corona, appiattita in basso anche per favorire l’accessibilità: un ritorno al classico. Però i 16 tasti integrati con cui controllare praticamente ogni parametro della vettura sono un’esagerazione. 


Ben schermato dai raggi solari il navigatore, efficiente e piuttosto rapido il clima. Non tanti e poco pratici i portaoggetti: mancanza discutibile, su un’auto frutto di un progetto tutto nuovo. Con suoi 408 litri, regolari e ben attrezzati, il bagagliaio della C4 è ottimo per la spesa all’iper e le ferie. Ma se c’è da trasportare qualcosa di ingombrante, lo scalino che lascia la seduta fissa è piuttosto fastidioso. Grazie anche alle numerosissime regolazioni elettriche, di serie sull’allestimento Exclusive, l’assetto di guida è perfettamente personalizzabile. I sedili sono contenitivi, con fianchetti non eccessivamente rigidi che quindi non complicano, come a volte succede, l’accessibilità. Note meno liete dietro: lo spazio per le gambe non è molto. E non ci sono le bocchette.
Non è una regola in senso stretto, ma un’abitudine oramai ricorrente di molti costruttori. Che hanno velocizzato i cicli di vita dei modelli senza però buttarne alle ortiche gli scheletri.
Quindi, un pianale (specie nei moltissimi casi in cui sia “sano”) dura tranquillamente per due generazioni. Anche perché diversamente i costi di progettazione e produzione salirebbero alle stelle. Non sfugge alla regola la Citroën C4, la cui seconda serie ricopia pari pari il molto di buono che c’era sulla precedente, il cui pavimento con interasse di 2608 mm (Piattaforma 2, nel glossario del Gruppo PSA) è peraltro comune anche alla cugina Peugeot 308.


E non a caso lo stabilimento francese in cui la compatta Citroën prende forma, quello di Mulhouse, nasce negli anni ‘60 come fabbrica Peugeot. Confermati dunque lo schema, classicissimo, delle sospensioni, con uno pseudo McPherson davanti e un assale torcente dietro riveduto e corretto, e lo sterzo servoassistito elettroidraulicamente. Ovviamente il passaggio generazionale è stato l’occasione per una serie di migliorie poco vistose ma molto importanti. Si è lavorato ad esempio molto sull’insonorizzazione (e si sente), su più fronti: dall’irrigidimento del blocco motore per ridurre le vibrazioni all’uso di un parabrezza acustico, che impiega cioè una pellicola insonorizzante in mezzo alle stratificazioni del cristallo, passando per un attento incapsulamento del vano motore.
Poi c’è tanta elettronica di assistenza: agli oramai universali controlli di trazione e stabilità integrati e completati dall’Hill Holder si aggiunge l’avviso di superamento della linea continua (che proprio la precedente C4 portò al debutto sei anni fa) oltre a un segnalatore dell’angolo morto operante a ultrasuoni: quattro sensori sui paraurti rilevano, tra 12 e 140 km/h e in un raggio d’azione compreso tra 5 metri dietro la macchina e 3,5 metri sui lati, la presenza di eventuali veicoli che vengono segnalati al conducente con l’attivazione di un’indicazione luminosa sul retrovisore esterno.


Altre finezze, il cruise control che, oltre a comprendere l’utile funzione di limitatore di velocità, memorizza cinque impostazioni, così da richiamare in modo immediato i limiti di velocità delle strade e autostrade che vengono più frequentemente percorse.
Quanto all’illuminazione, oltre ai bixeno direzionali vanno segnalati i fendinebbia “angolari”, al loro debutto su una Citroën: si attivano automaticamente in curva quando è stato azionato l’indicatore di direzione o quando il volante è sterzato di un angolo superiore ai 60°. Molta attenzione è stata inoltre riservata al contenimento del peso, o quantomeno a evitare che il leggero incremento dimensionale non comportasse un aggravio alla bilancia. Pur di risparmiare, ogni mezzo è stato impiegato. Compresa la saldatura laser di tetto e porte, che pure vale solo 2 kg. Infine, i materiali. Con una riciclabilità del 15% sull’insieme dei polimeri impiegati.

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