domenica 6 febbraio 2011

Aston Martin DBS



La linea della DBS non parte da un foglio bianco. Il nome ricorda la celebre coupé Aston Martin prodotta tra il 1967 ed il 1973, realizzata da William Towns con stile equilibrato e “all'italiana”, ma in realtà la nuova DBS V12 nasce come derivazione "spinta" della top di gamma DB9, lanciata nel 2006, della quale riprende l'estetica e la telaistica, ma con alcuni importanti affinamenti. E', in un certo senso, un'opera a più mani, tutte "grandi firme" del design moderno: Ian Callum che realizzò l'impianto iniziale della DB9, Henrik Fisker, suo successore, che la terminò e disegnò poi la V8, e Marek Reichman, attuale responsabile del design Aston Martin, che ha realizzato la DBS definitiva. 


Le modifiche, esteriormente, aggiungono alla classe e all'eleganza della DB9 alcuni elementi che ne accentuano ancora di più la sportività, rendendola simile ad una sorta di “predatore marino”: nuovo scudo paraurti anteriore con prese d'aria ampie e di nuovo disegno, calandra con 5 listelli cromati, piccole prese d'aria supplementari nel lungo cofano motore, minigonne laterali basse e sagomate, spoiler più pronunciato alla base del lunotto, listello cromato orizzontale sopra i gruppi ottici e il vano porta targa, scudo posteriore con estrattore più grande che comprende anche i sensori di parcheggio e i due grandi terminali di scarico.


Anche gli interni (a 2 posti, e non 2+2 come la DB9) sono di scuola inglese: sportivi nella "sostanza", semplici ed eleganti nello stile e nella scelta dei materiali. Troviamo così la pelle per la plancia; l’alluminio (o, in opzione, gli inserti in nero lucido) per l'imponente consolle, che dal parabrezza si prolunga nel tunnel centrale; l’alluminio tornito per alcuni pomelli di comando; il cristallo acidato per il posacenere; la fibra di carbonio per i rivestimenti ed alcuni elementi della portiera. Una finezza è anche la chiave, sorta di gioiello da incastonare in un’apposita fessura nella plancia… 
In mezzo a tanta ricerca di esclusività, non mancano elementi ancora di derivazione Ford, come le leve al volante e il sistema di infotainment: potrà sembrare risparmio, o caduta di stile, ma nelle sportive inglesi (e non solo) potremmo dire che è tradizione, come ad esempio in tante Lotus o Jaguar del passato: in realtà è l'insieme della vettura a fare la "vera" differenza...
L'intera struttura prevede, rispetto alla DB9, un alleggerimento complessivo: con dimensioni abbastanza importanti (4.721 mm di lunghezza, 1.905 mm di larghezza, 1.280 mm di altezza, 2.740 mm di passo), la vettura pesa 1.695 kg, contro i 1.800 della versione da cui deriva. 
Il risparmio di peso è ottenuto grazie all'impiego abbondante di lega leggera in magnesio, alluminio e fibra di carbonio (quest'ultima, ad esempio, nel cofano motore o nelle portiere), sia per la carrozzeria che per le parti meccaniche; risultati ancora migliori possono essere ottenuti con alcuni opzioni specifiche, come ad esempio i sedili alleggeriti di circa 20 kg con gusci in fibra di carbonio. 
Oltre alle qualità strutturali, un buon comportamento stradale è garantito dalle sospensioni a quadrilateri attive a gestione elettronica (Adaptive Damping System), che prevedono un'impostazione più sportiva e una più confortevole; anche il DSC, controllo elettronico di stabilità, ha tre posizioni selezionabili (sempre attivo, Track Mode che interviene in modo meno invasivo, e del tutto inattivo).
Punto di forza della vettura resta il poderoso V12 6 litri 48 valvole, costruito artigianalmente e sottoposto ad opportuno tuning rispetto a quello "base" della DB9, come già avvenuto sulla DBR9 da corsa, soprattutto operando sui condotti di aspirazione: la potenza passa da 455 a 510 CV a 6.500 giri/min, più o meno con la medesima coppia massima (570 Nm) ma ad un regime più alto (5.750 anziché 5.000 giri/min). 
Le prestazioni sono conseguentemente elevate, nonostante il peso complessivo comunque non ridottissimo: la velocità massima dichiarata è di oltre 300 km/h e l'accelerazione da 0 a 100 è pari a 4,3 secondi (5,1 il valore per la DB9). La trazione è ovviamente posteriore, il cambio al retrotreno è meccanico a sei marce (quello che, a quanto sembra, Daniel Craig non era abituato ad utilizzare...), mentre i freni carboceramici realizzati da Brembo sono da auto da competizione, e al debutto su una Aston Martin stradale: 398 mm di diametro con pinze a 6 pistoncini davanti, 360 mm e pinze a 4 pistoncini dietro, in bella evidenza sui cerchi in lega a 10 razze da 20".


Ovviamente, anche il prezzo dell'Aston Martin DBS è esclusivo: 243.300 euro è quello dichiarato, ovviamente nella configurazione di base. E, come ogni "auto-simbolo", le piace farsi aspettare: i tempi di consegna sono di circa due anni e mezzo.

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